Saturday, February 25, 2006

difficili decisioni

Il ritorno di Fergus all'Emayn di Re Connor è ricordato da molti per la forte carica emotiva che trasmise: il campione del Re col volto rigato dalle lacrime, la folta barba rossa bagnata di sudore e sangue, con in braccio il corpo esanime del fratello Gaile. Le celebrazioni di Belthain iniziano così in tono minore, all'ombra di un fatto invero triste e greve. Anche Lonan, il mastino del Re, è irrequieto; molti, vedendolo passeggiare senza posa a fianco del proprio padrone, pensano che avverta la cattiva sorte che ha colpito i cacciatori nel Bosco dei Sussurri ma la realtà è ben diversa e ignota a tutti. Gli ululati del cane non rendono gloria alla scomparsa del guerriero ma ricalcano le urla di dolore della Regina partoriente...

Tanai si trova dunque a fronteggiare una situazione non semplice: ha il compito di presiedere ai festeggiamenti del banchetto di Belthain al posto del suo maestro Ongus, ma il clima è davvero pesante. Il giovane bardo però non si fa scoraggiare e decide di puntare diritto al cuore della faccenda narrando le gesta della Caccia al Cinghiale Bianco, la cui testa è appesa sopra il trono di Re Connor. Tanai dà risalto al coraggio di Fergus e del fratello Gaile, facendo apparire come se quest'ultimo si fosse "eroicamente" sacrificato per proteggere i compagni e riuscire nell'epica impresa. Astutamente, il giovane, inserisce nella storia qualche strofa, dall'apparenza innocua che rievoca, in maniera enigamatica, il suo incontro con gli spettri. Quasi nessuno si accorge di ciò che sta dicendo ma le sue parole sono indirizzate a chi ha orecchi per ascoltare e soprattutto alla Storia... In disparte, piuttosto contrariato e stizzito dalla piega che ha preso la narrazione, se ne sta Emeroth; l'amico bardo - unico testimone alla realtà dei fatti - lo ha relegato in un angolo della storia senza rendere giustizia alle sue coraggiosa gesta. Il giovane guerriero, stizzito e contrariato per non aver avuto nessun riconoscimento, se ne esce dalla sala dei festeggiamenti alla ricerca di Ethain, la figlia di Fergus.
Ongus intanto è decisamente soddisfatto del lavoro del proprio pupillo e si compiace per come egli sia riuscito a risollevare il morale dei presenti. Anche gli altri bardi sfruttano il tema indicato da Tanai e si alternano nel narrare le antiche battaglie tra gli Uomini e i Thuatha de Danaan per la conquista di Eire.

Re Connor intanto presiede alla festa con polso e sicurezza. Il reggente, dopo l'incontro con il suo amico fabbro pochi giorni prima, ha riacquistato il proprio vigore. Con un'intensità ed una affabilità rinnovate, Re Connor rende onore al cacciatore caduto: prende nelle sue mani una coppa di vino speziato e, dopo essersi inciso il palmo, vi fa colare alcune gocce del proprio sangue; Connor beve dalla coppa e poi la passa a Fergus che a sua volta fa lo stesso facendola passare tra i Guerrieri del Ramo Rosso.
Ovviamente anche Cumain (il cugino del Re) partecipa alla festa... forse l'uomo ostenta un'eccessiva goliardia ed uno sforzato buon umore. Il suo gruppo, per contro, appare cupo.

Anche mastro Felab partecipa ovviamente alla festa, ma è completamente assorto nei suoi pensieri: non riesce a non pensare alla spada che sta forgiano per il figlio e il suo occhio cade sulla spada di Re Connor. Il fabbro torna ad ammirare quella sua creazione: le voci dicono sia indistruttibile e il Re la tiene in bella mostra, appesa al muro vicino allo scranno, chiaro messaggio che egli si ritiene pronto a dar battaglia in ogni momento. Ma Felab ora non pensa alla guerra o agli intrighi, ha in mente solo la sua arte e il cuore gli brucia di desiderio per completare la sua opera. La Spada del Re è molto bella, certo, ma egli sa che quella che la succederà sarà ancora più bella e micidiale. Assorto nei propri pensieri e confuso dall'alcool il fabbro non presta ascolto ai diversi interlocutori che gli si avvicinano: molti sarebbero disposti a pagarlo per i suoi servizi ma a lui, tutte quelle proposte, sembrano così banali rispetto a quello che ha da fare. In effetti, a ben pensarci, è davvero da molto tempo che non lavora se non esclusivamente su commesse di Lungamano... d'altronde il resto gli appare come una fastidiosa facciata.

Nei giorni seguenti Emeroth continua a covare il proprio risentimento per non essere stato sufficientemente ricompensato per le sue gesta. Egli avrebbe voluto per sé la pelle del Cinghiale Bianco, ma tale privilegio non è stato suo ma di Fergus. Il Re ha deciso di donarlo al suo campione, come consolazione per la perdita del fratello.
Così al termine dei festeggiamenti il giovane prende il coraggio a due mani e si presenta nelle Sale del Re, con il proprio mantello di aspirante Guerriero del Ramo Rosso piegato tra le braccia. Il Re sta parlando con Cathbadh ed è evidentemente impegnato nell'amministrazione dell'Emayn; ma Emeroth attende pazientemente e quando il Re gli può prestare attenzione lo fa venire avanti.
"Non trovo giusto, mio Signore, il trattamento che mi è stato riservato dopo quello che ho fatto nella caccia al Cinghiale Bianco. Se questo è l'onore e la gloria che mi posso aspettare per le mie azioni non desidero più essere un Guerriero del Ramo Rosso". Emeroth dice queste parole tutte d'un fiato, posando a terra il proprio mantello, tra lo sconcerto di Cathbadh e lo stupore di Re Connor. Anche alcuni tra i presenti si zittiscono nel vedere quello che sta accadendo.
"Emeroth!" dice il Re alzandosi in piedi ma dimostrandosi calmo e conciliante "Tu hai prestato un giuramento che ti vincola a concedermi i tuoi servizi. Sei sicuro di quello che stai dicendo?" chiede il Re in tono neutro.
"Resto certamente fedele al mio Re, ma non posso accettare l'onore di entrare nel Ramo Rosso se non mi viene riconosciuto prima l'onore per le mie azioni" ripete Emeroth.
"Capisco Emeroth... ti ricordo comunque che il tuo nome è stato menzionato più volte in questi giorni come il nome di colui che ha partecipato alla caccia, e in modo decisivo. In ogni caso comprendo il tuo turbamento e forse la voglia di tornare presso la casa di tuo padre, dalla quale manchi da tempo. Accompagnalo indietro al suo Dun e resta con lui per alcuni giorni. Ti aspetto qui alla prossima Luna e in quella sede mi comunicherai la tua decisione".

Mastro Felab, passati i bagordi dei festeggiamenti, continua a ripensare al proprio lavoro. Nella mente, in modo ossessivo, gli torna alla mente la sua fucina, ma da una parte della sua coscienza, una voce gli dice che non può permettersi di lasciar passare Belthain senza sfruttare l'occasione di qualche commissione, di prendere contatto con qualche altro Signore dei Dun vicini. I tempi che verranno saranno difficili e lui avrà bisogno di alleanze e di favori. Facendosi violenza, Felab si mette a cercare uno dei guerrieri con cui aveva parlato durante la prima sera di festa. Il fabbro lo trova in partenza: Odran se ne sta andando perché ha affari urgenti da sbrigare al suo Dun: pare che i Pitti che abitano le zone circostanti si siano fatti più sfrontati ed aggressivi. Felab gli domanda cosa può fare per lui e Odran gli ricorda che poche sere prima gli aveva chiesto uno scudo. Il fabbro ovviamente non ricorda la richiesta, immerso com'era nei propri pensieri, ma accetta la commissione e stringe la mano di Odran per suggellare il patto.
Appena l'uomo sale a cavallo e se ne va, Felab prova subito un sottile rimorso per aver accettato: quel lavoro lo distoglierà dalle sue altre occupazioni... ma i suoi pensieri sono interrotti dall'arrivo di Cathbadh. Il druido del Re viene ad avvisarlo della discussione che suo figlio ha avuto con Connor. Il fabbro è rosso di rabbia ed è un bene che Cathbadh sia venuto ad avvisarlo per tempo. Felab se la prende con la testardaggine del figlio e la sua immatura intransigenza ma poi domanda all'amico perché il Re non gli abbia dato il giusto riconoscimento che gli spettava, evitando così di arrivare a tanto.
"Il Re si è comportato in modo saggio ed intelligente" replica Cathbath "Sai bene che dopo quello che è accaduto nella caccia non si poteva che rendere onore al defunto; ai vivi è dato invece di continuare a ricercare la gloria. E poi, dopo le parole di tuo figlio, cosa avrebbe potuto fare? Piegarsi alle risentite richieste di un ragazzino che ancora non è neppure un Guerriero del Ramo Rosso? Invece ha agito con saggezza, evitando uno scontro frontale e dando tempo ad Emeroth il tempo per ripensare alle sue azioni".

Tanai intanto rivela al maestro la visione che ha avuto nel Bosco dei Sussurri. Il maestro ascolta in silenzio e alla fine, quando il giovane pupillo gli comunica la propria decisione di imparare l'arte della scrittura runica per poter tramandare ciò che i morti gli hanno rivelato, si dice d'accordo ed ammirato dalla decisione di Tanai. I due decidono quindi di ripartire con Felab e di fermarsi al suo Dun dove Tanai potrà imparare da Feilhelm i rudimenti della scrittura.

Così, ancora qualche giorno dopo, Felab e suo figlio seguiti da Ongus e il suo apprendista Tanai, ripartono alla volta del Dun del fabbro. Mastro Felab è visibilmente irritato dalla presenza del figlio ma tenta di celare il suo disappunto, memore di ciò che gli è accaduto qualche anno prima con l'altro suo figlio. La piccola compagnia arriva infine a destinazione sul far della sera. Felab scorge in lontananza la palizzata che recinta il suo Dun e dalla sua fucina esce un filo di fumo. Il fabbro ha un moto di stizza al pensiero che Ronan, il suo apprendista, abbia contravvenuto ai suoi ordini utilizzando la forgia anche dopo il calare del sole; decide quindi di aspettare che sopraggiunga il buio e solo quando è evidente che Ronan non ha spento il fuoco si appresta al cancello. I suoi uomini lo accolgono stupiti, forse non si aspettavano il suo rientro senza essere avvisati, ma Felab è di poche parole e procede a far sistemare i suoi ospiti. Subito dopo si dirige alla propria fucina per trovarvi, ovviamente, Ronan al lavoro. Il giovane è imbarazzato ma non fa mistero di aver avuto contatti con Lungamano, anche se non lo menziona per nome. L'apprendista sta lavorando ad alcuni finimenti per un cavallo. Il fabbro è arrabbiato ma si trattiene e congeda con tono perentorio l'apprendista: "Ora Ronan vorrei lavorare per un po' alla mia fucina".
"Ma maestro..." prova a protestare il giovane però lo sguardo di Felab è sufficiente a farlo desistere. Il giovane si volta e piuttosto abbattuto lascia la fucina.
"Stai tranquillo Ronan, lo so che non ti avevo affidato un compito semplice" conclude Felab prima che questo se ne vada.
Finalmente il fabbro è di nuovo al suo posto! L'uomo è felice e non riesce a trattenersi dall'andare a prendere la sua spada, a cui manca ancora molto lavoro è vero, ma nei suoi occhi egli già si prefigura come questa prenderà forma. Il fabbro poi, nonostante la stanchezza del viaggio, si mette a lavoro e riprende a battere la lama tanto cara. La luna sale alta nel cielo e poi, senza molte sorprese si presenta Lungamano, con la sua presenza così eterea e sovrumana.
"Bentornato Mastro Felab" esordice il figlio di Dana.
"Bentrovato Lungamano! Allora? Cosa ne pensi del mio apprendista?"
"Ha grandi doti e credo che sarà un tuo degno sostituto".
"Lo credo anch'io, ma deve ancora imparare molto. Che lavoro gli hai affidato?" si informa Felab.
"Oh, una cosa semplice: ho bisogno di alcuni finimenti per una montatura".
"Bene Lungamano! So bene di non poterti negare una commissione già avviata ma non posso permettere che il mio apprendista mi disubbidisca apertamente senza ricevere una punizione per questo. Ronan non potrà portare a termine il suo lavoro...".
"Ma noi abbiamo un patto..." fa notare Lungamano.
"...finirò io quel lavoro. Ma in cambio ho bisogno di alcune informazioni. Conosci il cacciatore? E' uno del tuo popolo; dicono che abbia una gran bella muta di cani".
"Può darsi, ci sono molti tra i miei che soddisfano a questa descrizione".
"Ma sono sicuro che uno più di tutti" riprende Felab.
"Facciamo così:" propone Lungamano "perché non andiamo a caccia insieme fra una settimana? Chissà che non incontriamo chi desideri...".
"Affare fatto!".

La mattina successiva Tanai inizia ad esplorare i dintorni del Dun di Felab, alla ricerca di un luogo adatto dove inscrivere la profezia che gli è stata affidata dagli spiriti dei morti. Il bardo compie lunghe passeggiate che durano anche tutto il giorno, tornando alla sua capanna solo alla sera. Finalmente, dopo tanto peregrinare, il giovane trova un luogo che reputa adatto al caso: in una piccola radura costeggiata dai verdi boschi di Erin sorge un tumolo chiamato "La Tomba dei Re". Si tratta di un monumento funebre antico e denso di potere che ricorda la presenza degli antichi Re di Erin, prima che queste valli fossero calcate dal passo dell'uomo.

Nei giorni successivi Emeroth non ha occasione di rimanere con le mani in mano: il padre gli ha affidato un compito da svolgere insieme a Ronan. Emeroth ha rivelato al padre delle macchinazioni di Cumain ai danni di Connor e mastro Felab è rimasto alquanto interdetto nello scoprire che il figlio non ha rivelato niente né al suo padrino, né al suo tutore. Le preoccupazioni di Felab così aumentano sempre più...
Ma il mattino successivo al suo rientro il fabbro fa chiamare Ronan nella fucina e gli comunica la propria decisione di desautorarlo del lavoro che ha iniziato a svolgere per Lungamano. Il giovane non prende per niente bene il fatto e vorrebbe ribellarsi ma l'autorità che esercita Felab sull'apprendista è sufficiente a farlo desistere.
"Invece ho bisogno che tu faccia un'altro cosa per me" dice Mastro Felab "ed è molto importante perché è una cosa che ti affido in massima segretezza: fuori dalla palizzata, nei territori circostanti, ben nascosta ad occhi indiscreti, ho bisogno che tu mi costruisca una capanna. Mio figlio ti aiuterà Ronan" conclude Felab posandogli una mano sulla spalla.
"Sì maestro" risponde il giovane piendo di rabbia, trattenendosi a stento dallo scuotersi dalla sua presa.

Friday, February 17, 2006

auspici e presagi

Tanai ha la netta impressione che il suo maestro lo stia mettendo alla prova: in quest'ultimo viaggio gli ha lasciato svolgere tutte le mansioni ed incombenze che sarebbe stato lecito aspettarsi da lui. In tutto e per tutto Ongus ha caldeggiato il pupillo a svolgere i propri compiti, riuscendo a metterlo in luce ogni volta che è stato possibile e facendolo accettare grazie alla sua influenza. E tra i mille compiti che ora Tanai si trova ad affrontare c'è anche quello di partecipare alla caccia organizzata da Fergus McFinn e di guidare, durante la sera di Belthain, la ballata della festa.

Fa ancora freddo al mattino di questo periodo, ma Emeroth non ha tempo per accorgersi del freddo: deve prepararsi alla caccia che avrà luogo quest'oggi; raduna le lance, indossa i suoi abiti da caccia e striglia il proprio cavallo. Il sole è ormai alto quando Emeroth e Tanai escono dalle loro tende per raggiungere Fergus McFinn, seguito dai suoi Guerrieri del Ramo Rosso. I cacciatori sono bardati per l'occasione e pittati in volto. Fergus è eccitato all'idea di catturare il cinghiale bianco e non fa nulla per celarlo. Alza la voce rispondendo agli auguri delle donne, giovani ed anziane, che lo vedono passare insieme ai cacciatori. La processione termina di fronte alle Sale dell'Accoglienza dove i cavalli sono pronti per essere montati e guidati verso il Bosco dei Sussurri.
"Cathbadh! Vecchio druido!" tuona Fergus "Dicci: cosa ci porterà questa caccia?". Ma il druido non gli risponde: è evidentemente troppo impegnato ad osservare altrove. Feilhelm, anche lei presente alla scena, capisce cosa stia guardando il druido: un albero poco lontano è letteralmente assiepato di corvi che osservano gli ignari cacciatori. Poco dopo i corvi si alzano in volo compatti, tutti tranne uno che si tracheggia su di un ramo e poi prende anche lui il volo, ma in una direzione diversa da quella degli altri.
"Qualcuno morirà in questa caccia" mormora Feilhelm intepretando l'auspicio. Anche Cathbadh si riscuote dalla visione e prima che Fergus abbia guidato i suoi verso la caccia, lo prende da parte e gli sussurra qualcosa in un'orecchio.

"Hai scoperto dove si trova la regina Ide?" chiede accigliata Feilhelm a mastro Felab mentre i due passeggiano all'aperto, fuori dalla Sala dell'Accoglienza di Connor.
"Non ancora" risponde il fabbro "Cathbadh non me l'ha voluto rivelare: ha preso il mio aiuto come un'intromissione ed ha mille cose per la testa per presiedere alla festa di Belthain. Dovremo aspettare qualche giorno, che si liberi e che io riesca a parlargliene in presenza a Connor".
"Ma non possiamo aspettare: qualcosa mi dice che dobbiamo fare in fretta. Andrò io a parlare con Cathbadh" replica Feilhelm poco convinta.
"Non mi pare una buona idea. I druidi non hanno fiducia in te e pensano che tu e i poteri che rappresenti siano in declino su Eire. Cathbadh mi ha chiesto se davvero mi fido di te e non mi pareva molto soddisfatto della nostra amicizia" conclude Felab lasciando poco spazio alla donna. "Ma abbiamo tempo: la regina non partorirà prima di un mese. Piuttosto, ho bisogno che tu faccia altro..." riprende il fabbro.
"Proprio non ho intenzione di aspettare con le mani in mano" lo interrompe Feilhelm e piuttosto stizzita accelera il passo, andando incontro alla giovane Rhian che la sta raggiungendo. Felab, frustrato, la osserva mentre si allontana, ma poi, temendo che questa si rivolga ai druidi peggiorando la situazione, la rincorre.
"Posso sapere, di grazia, che intenzioni hai?" chiede esasperato Felab.
"Di interrogare quei poteri che i tuoi druidi credono in declino..." .

Mastro Felab intanto segue Re Connor e Cathbadh durante i loro sopralluoghi sull'Emayn, in preparazione della festa. Il suo scopo è quello di parlare della sorte della Regina con entrambi presenti, facendosi legittimare nelle sue azioni dal Re e strappando così il consenso al druido. Il problema però è che Lonan, il mastino, segue il suo padrone ovunque questo vada. Il cane, in effetti, è una bestia magnifica e più di tutto è sorprendente lo sguardo vigile ed intelligente
che posa su ciò che lo circonda. A metà mattinata Felab capisce che non avrà modo di separare Lonan dal Re ed abbandona i suoi propositi, mettendosi piuttosto in cerca di Irial il mendicante.
E' difficile trovare l'uomo, specie senza chiedere a nessuno se lo si è visto in giro, ma Felab non vuole dare nell'occhio: sono già sufficienti le voci di sventura che lo perseguitano, senza che lui le incoraggi ulteriormente mostrandosi interessato nei confronti di uno iettatore. Dopo molto cercare l'ostinazione ha la meglio: finalmente Felab vede Irial dirigiresti fuori dal Dun. L'occasione è propizia e il fabbro lo segue fuori dal recinto, lontano da occhi indiscreti.
"Buongiorno Irial" esordisce Felab, mostrandosi amichevole, ma il vecchio
mendicante muto non pare intenzionato a dare spago al fabbro; sembra spaventato e probabilmente è stato maltrattato più volte in vita sua.
"Aspetta Irial! Non avere paura. Non voglio tormentarti: mi serve il tuo aiuto".
Il mendicante si gira, guardando incuriosito, ma sempre poco fiducioso il suo interlocutore.
"Tu hai visto cose che potrebbero essermi utili ed io, invece, ho visto tuo fratello Iriol poche sere fa. Siete gemelli, vero? Tutti lo credono scomparso, ma tu sai che non è vero".
Irial appare spaventato e Mastro Felab sicuro di sé e del tutto determinato ad andare avanti nella faccenda. Spalle al muro, il mendicante, non può che far cenno al fabbro di andare avanti e di venire al dunque.
"Non adesso Irial" dice invece Felab "Sappi però che sarai il benvenuto nel mio Dun. Vieni da me dopo la festa di Belthain ma abbi solo cura di non farti notare. Ti troverò ospitalità e così parleremo di ciò di cui ciascuno di noi ha bisogno".
Mastro Felab porge la mano al mendicante che, prima titubante, poi più sicuro, gliela stringe suggellando il loro accordo.

Feilhelm sta aspettando il momento buono per entrare nella Sala del Re. C'è un discreto viavai di persone, ma non è nemmeno troppo difficile passare inosservati proprio a causa dell'agitazione prefestiva. Rhian continua a parlare alla sua maestra, ignara di cosa questa abbia in testa. Feilhelm supera il trono del Re e si accosta ai tendaggi che separano la grande sala dal giaciglio del Re. Poi, inaspettatamente, si infila negli appartamenti senza dir nulla a Rhian, che rimane di sasso. La ragazza si gira e nota che uno dei servitori la guarda un po' perplesso. Feilhelm, velocemente, afferra uno degli indumenti di Connor, se lo infila sotto la tunica ed esce subito dopo. Il servitore si avvicina alle due, Feilhelm cerca di ostentare calma ed autocontrollo, ma suona un po' finta: "Ho finito!" proclama ad alta voce ad una Rhian sempre più confusa. Entrambe imbarazzate, si allontano dalla Sala del Re.

Tra sé e sé Feilhelm medita che ha fatto proprio la figura della sciocca, e che il fato ha voluto che qualcuno la notasse proprio bene: forse sta rompendo una gea di cui non è neanche a conoscenza? Ma ci penserà più tardi.

"Madre! Ma cosa avete in mente?" chiede Rhian esterefatta non appena le due escono all'aperto.
"Voglio capire dove si trovino la Regina e suo figlio ed un indumento del loro congiunto ci servirà come tramite per scoprirlo... Vedrai, ne sarà valsa la pena fare una figura così" risponde Feilhelm, dirigendosi verso l'albero dove, poche ore prima, aveva visto posarsi i corvi. Vicino alle radici dell'albero ci sono alcune penne nere. Feilhelm ne raccoglie una e la brucia insieme all'indumento di Connor; dopodiché ne prende un'altra e la usa per scrutare nelle ceneri ancora calde.
"Da un presagio ne scaturisce un'altro..." mormora Feilhelm, poi a bassa voce ma nitidamente: "Corvi che tutto vedete e tutto sapete della foresta che è parte di voi e di cui siete parte, mostratemi dove si trova la regina Ide!", Nella sua mente comincia a prendere forma un'immagine. Rhian intanto comincia ad innervosirsi: attorno a lei si posano alcuni corvi che cominciano a gracchiare. Feilhelm vede un lago e un'isolotto che vi sorge in mezzo; sulla terra si erge una pietra nera, non al centro, ma su di un lato dell'isola.
"Conosco questo luogo..." dice fra sé Feilhelm riprendendosi dalla visione.
Intorno a lei è pieno di corvi che la osservano gracchiando, ma gli uccelli prendono subito il volo, tutti a parte uno che si tracheggia per un po' e poi spicca il volo anche lui. Le due donne, innervosite, seguono con lo sguardo la sua traiettoria e si incamminano in quella direzione.

Nel Bosco dei Sussurri la caccia prosegue. Tanai ed Emeroth sono del gruppo di Fergus, deciso - come è ovvio - ad avere la propria preda. Finalmente Fergus individua delle tracce nel bosco e si getta sulla pista senza esitazione. Si alza una brezza e con lei una fitta nebbia fredda ed umida. I cacciatori si stringono nei loro mantelli, ma tra loro solo Tanai si rende conto che la situazione è piuttosto innaturale: mentre tutti osservano a terra le tracce, il giovane bardo intravede nella nebbia delle figure semi-eteree. Pare che nessun altro riesca a vederle; Tanai avverte Emeroth, anch'egli impegnato nella caccia e cerca di avvicinarsi ai nuovi venuti. Quando le nebbie si diradano un poco Tanai riconosce degli uomini armati di lance.
"Ma non li vedi?" chiede Tanai all'amico.
"Cosa?!" chiede sempre più spazientito Emeroth mentre Fergus riprende a seguire la sua pista. Emeroth si guarda indietro ma non vuole lasciare da solo l'amico così lo prende per una manica per trascinarselo via. Ma Tanai non ha intenzione di farsi distrarre: man mano che la visione diventa più nitida comincia a capire che non sono lance quelle che vede, ma stendardi laceri. Tra gli uomini vi è Garban, l'alfiere di Connor, ma è gravemente ferito e le sue viscere sono aperte
e cadenti. Ad orrore si aggiunge altro orrore quando Tanai individua anche Connor, con la sua famosa spada (forgiata da Felab) rotta ed una profonda ferita alla testa. Al suo fianco ci sono molti Guerrieri del Ramo Rosso.
"Cosa vi è successo?" chiede Tanai spaventato.
"Non siamo stati noi a comiciare la battaglia, ma non potevamo tirarci indetro" ammoniscono i defunti "Molti eroi sono morti e solo i nostri figli potranno giudicare le nostre azioni".
"Voi venite dal mondo che sarà... che volete che faccia per voi?" chiede Tanai mentre Emeroth lo guarda sempre più stupito e incredulo, pensando che parli da solo.
"Dovrai testimoniare che Connor sapeva: sapeva che sarebbe morto, sapeva che Cumain l'avrebbe tradito. Ma nonostante questo è sceso in battaglia" concludono i defunti.
"Sì: mi impegno affinché tutto questo sia conosciuto e venga tramandato, anche se dovessi scriverlo nelle rune" conclude Tanai. Poi la visione scompare e la nebbia è trascinata via dal vento.
"Cosa stai dicendo?!" chiede Emeroth esterefatto a Tanai. Il giovane bardo resta in silenzio. "Niente..." mormora.
"Allora andiamo! Abbiamo perso fin troppo tempo qui!" conclude Emeroth.

"Stiamo andando verso l'isola di McCleod!" ricorda finalmente Feilhelm mentre cammina al fianco di Rhian, seguendo il volo del corvo. L'isola è un posto molto noto in questa regione di Eire; si racconta che nelle sue acque nere e stagnanti riposino i demoniaci Fomori, sconfitti dai Fimborg ormai anni addietro. I Fomori attendono sotto le acque del lago e covano odio contro gli abitanti di Eire che li hanno spodestati.
"Sono certa che qui intorno c'è una barca, Cathbadh deve averla nascosta" dice Feilhelm a Rhian. Le due si mettono a cercare intorno fino a che, nascosta tra le frasche individuano un'imbarcazione. Messa la barca in acqua, Feilhelm e la sua apprendista procedono verso il centro del lago. L'atmosfera è inquietante, le acque plumbee, l'aria stagnante e gelida. Il silenzio è interrotto solo dal rumore dei remi e più di una volta le donne, inquietate, stanno quasi per
voltare l'imbarcazione e tornare indietro. Finalmente però Rhian intravede la linea della terra e così rinfrancate le due arrivano finalmente sull'isolotto nebbioso. Appena scese a terra il rumore è interrotto dalla voce di una donna.
"Andatevene! Tornate da dove siete venute" la voce è imperiosa e proviene dalle nebbie. Feilhelm non si lascia intimidire ma risponde a tono: "Chi sei?" domanda.
"Ci penserò io alla madre" replica la voce nella nebbia.
"Non andrò via senza averla vista" intima Feilhelm sicura di sé.
"Non ha certo bisogno del tuo aiuto! Tu sola ti sei arrogata questo diritto, ma nessuno ti ha interpellata".
"Faccio solo quello che è giusto".
"Attenta: non sempre ciò che è giusto è anche saggio...".
"Faccio quello che è saggio, allora! Non mi farò spaventare da te, né da quello che dici".
"E fai male!" dice la donna uscendo dalle nebbie. E' una donna procace, vestita di nero, dai capelli lunghi e neri, il seno prosperoso: la quint'essenza dell'essere Donna.
"La madre e il suo bambino hanno bisogno di un'altra madre, hanno bisogno di me" dice con voce sicura e solida. Ma Feilhelm non si fa intimidire e fa alcuni passi in avanti, decisa a superare la donna e procedere alla ricerca della Regina.
"Maestra, c'è qualcun'altro" avverte Rhian.
"Falla venire..." dice subito dopo una giovane voce di bambina.
"Sì, vieni cara, lasciala perdere" conclude una terza voce di vecchia.
Sentendo le altre due voci Feilhelm capisce infine di trovarsi di fronte alle Morrigan. Il sangue le si gela nelle vene, ma ormai non può più tirarsi indietro.
"Il bambino ci appartiene, lei ce l'ha chiesto per proteggerlo dal mastino" dice con ostinazione la donna vestita di nero. Feilhelm non le presta ascolto: poco più avanti provengono i lamenti di una partoriente. Ed infatti, stesa vicina ad un piccolo focherello c'è la Regina Ide. Ide incrocia lo sguardo di Rhian e Feilhelm e rimane spiazzata dalla loro presenza; subito si assicura che non ci siano altre persone.
"Sono qui per aiutarti" dice morbida Feilhelm siendedosi accanto a lei.
"La Regina partorirà in anticipo di un mese" dice Rhian "Non fosse stato per il tuo sesto senso, Madre, saremmo arrivati troppo tardi". Ma Ide è spaventata dalla presenza delle sconosciute e preferirebbe affidarsi alle Morrigan.
Intuendo il pericolo, Feilhelm decide di avvertire Ide di quali saranno le conseguenze delle sue azioni: "Penserai di non essere mai stata incinta, penserai di non avere avuto un figlio, di essere sempre stata sterile".
"Una donna che sta per partorire è debole e vulnerabile" la rimprovera la Donna "Ti stai approfittando di lei e della sua debolezza".
"E se ti dicessi che anche tu, prima di lei, hai fatto la sua stessa scelta?" insinua la Vecchia rivolta a Feilhelm. Ma Feilhelm aveva già cominciato a sospettare questa verità nel suo cuore e non si lascia sopraffare dal dubbio e dal dolore.
"Non è vero!" si ribella Feilhelm "Ma se anche lo fosse a maggior ragione ora non posso permetterlo! Ho fatto male, essere sterili è innaturale. E questo bambino che sta per nascere... noi lo possiamo aiutare" poi si volta verso Ide e guarda la donna, stesa a terra e in preda alle contrazioni del parto che la guarda, con il volto imperlato di sudore.
"Mi stai illudendo?" chiede la Regina tra l'adirato e l'inquisitorio.
"No! Non ho certezze da offrirti, ma ti sto dando una nuova scelta. Abbi fiducia Regina Ide. Tuo figlio nascerà nella notte di Belthain: quale miglior auspicio potresti volere?" conclude Feilhelm. Ide la osserva e il dubbio comincia ad insinuarsi dentro di lei...
"Desideri revocare il nostro patto?" chiede stizzita la Morrigan.
"No..." comincia con voce flebile Ide, poi prendendo coraggio: "Sì, invece! Voglio revocare il nostro patto" conclude la Regina.
"Avrà un prezzo..." dice la donna.
"Vi siamo grate per la protezione che avete dato alla Regina, e per i corvi che avete mandato a rispondere al mio appello, e non lo dimenticheremo" inizia Feilhelm che però viene subito interrotta dalla Morrigan madre: "Non cercare di imbonirci, tu che ti sei frapposta sul nostro cammino. Ti lasciamo la madre e il suo bimbo, ma reclamiamo il diritto di salutarlo" e subito la donna si piega su Ide e le bacia dolcemente il ventre nudo e gonfio, poi vi posa sopra l'orecchio per qualche istante. La donna si rialza, ma non riesce a staccare gli occhi dalla partoriente.
"Saresti stato mio" dice "Ti ho salutato con un bacio e attendo di poterti salutare di nuovo con un altro bacio" poi si volta e raggiunge l'anziana e la giovane, avvolte nelle nebbie. "Attenta Madre delle Erbe, guardati bene dall'incrociare ancora la nostra strada".

Emeroth corre all'impazzata per recuperare la caccia che più avanti sta entrando nel vivo. Di fronte a sé sente le voci concitate dei compagni. Emeroth si fa strada nel fitto sottobosco fino a che non raggiunge gli altri. Di fronte a sé fa in tempo a vedere una fugace figura biance in movimento: è il Cinghiale Bianco che per sfuggire ai suoi predatori sta correndo nella sua direzione, pronto a caricarlo.
Emeroth, impugna la propria lancia da caccia e la frappone tra sé e l'animale. L'animale si va a schiantare sulla punta che penetra nelle sue carni, poco sopra le zampe anteriori. L'animale comincia a spingere come un forsennato ed Emeroth ha il bel da fare per riuscire a tenerlo fermo e non farlo scappare, né avvicinare. Poco dopo arriva fortunatamente anche Fergus, stupito di vedere il suo pupillo che è riuscito a trattenere l'animale.
Fergus impugna a sua volta la propria lancia e al suo fianco, suo fratello Gaile lo imita. I due provano ad infilzare la bestia, ma questa è troppo agile e inferocita e riesce a schivare i due colpi, nonostante sia strattonata da Emeroth. Gaile tenta ancora una volta di colpire l'animale e riesce a prenderlo, ma questi, improvvisamente arretra trascinando a terra il suo cacciatore.
Emeroth intanto viene distratto da una nuova visione: poco distante vi è un uomo che sta osservando la scena. E' un essere seminudo, estrememente villoso, con un fisico possente e due grandi corna di cervo che gli spuntano dalla nuca.
"Il Dio Cornuto!" capisce Emeroth osservando lo sposo di Danaan. Ma la sorpresa e la distrazione gli sono fatali: il cinghiale riesce a divincolarsi e si getta contro Gaile, ancora a terra. L'uomo estrae il suo pugnale per difendersi ma è troppo tardi: il cinghiale bianco lo carica e lo infilza con le sue micidiali zanne. Gaile è sbalzato via e Fergus urla di dolore alla visione del fratello che cade a terra in maniera scomposta.
Il cinghiale fugge via, tra lo sconforto e lo scompiglio generale. Fergus si getta sul fratello, ma Emeroth non ha intenzione di lasciare che la caccia finisca in questo modo e si getta all'inseguimento della bestia, seguito a ruota da Tanai.
"Emeroth!" chiama Fergus. Ma il giovane non sente o preferisce far finta di non averlo sentito e continua nella sua corsa. Emeroth tira la propria lancia in direzione del cinghiale e lo manca, ma non per questo demorde. La bestia e i suoi due inseguitori continuano la loro corsa nel bosco fino a che non giungono ad una radura. Tanai passa la propria lancia ad Emeroth. Il cinghiale, il cui manto bianco è sporco di sangue che ancora gronda dalle ferite che gli sono state inferte, osserva i suoi avversari e si lancia nuovamente contro Emeroth.
Tra i due ha inizio una nuova battaglia. Emeroth è stanco e non riesce a colpire l'animale se non di striscio. Ma anche la bestia, percossa e piena di ferite comincia a perdere forza e velocità così dopo un'ultimo tentativo di infilzare il proprio cacciatore non riesce a schivare il colpo di Emeroth.
Il giovane, grondante sudore e coperto di sangue, blocca nuovamente la bestia con la lancia e gli urla contro tutta la propria rabbia e determinazione. Il cinghiale bianco, ferito oltre ogni limite, smette di spingere e si tira indietro. Un ultimo zampillo di sangue esce fuori dalla ferita infertagli da Emeroth e poi l'animale mitologico cade a terra morto...

Friday, February 03, 2006

il mastino del cacciatore

Belthain è ormai alle porte e i preparativi fervono nell'Emayn di Re Connor. Stanno arrivando moltissime persone dai Dun vicini per partecipare all'evento: si tratta dell'inizio del nuovo anno, l'apertura di un nuovo ciclo di stagioni e spesso anche del momento in cui si ridisegnano gli equilibri politici.
Molte famiglie approfittano dell'occasione per rivedersi: è consuetidine infatti che i figli di una famiglia vadano ad imparare il mestiere presso un'altra e che quindi si reincontrino in poche occasioni. Anche Cathbadh l'arcidruido è molto occupato nei preparativi e soprassiede con i druidi del suo ordine alle diverse attività.

Emeroth, insieme ai suoi compagni, futuri guerrieri del Ramo Rosso, è al fiume ad osservare le ragazze che lavano i panni. I ragazzi si scambiano battute più o meno volgari, l'aria della festa e il loro imminente ingresso nel Ramo Rosso li rende ancora più sfacciati. Un altro gruppo di giovani si avvicina loro, tra questi c'è anche Cumain "occhi di ghiaccio" McFinn, chiamato così per i suoi occhi azzurro chiaro. Cumain è cugino di Connor McFinn. I giovani si avvicinano ad Emeroth ed attaccano bottone con lui: la fama della sua abilità nell'uso della spada lo precede. Ad essere onesti tanti dicono anche che è ovvio che con un padre come il suo, che forgia armi come quella del Re, il figlio sia avvantaggiato. Emeroth però non si cura di queste voci e non è per nulla intimidito dalla presenza di Cumain che lo saluta amichevolmente. Il gruppo comincia a parlare delle "bellezze locali". Cumain e i suoi prendono a passeggiare con Emeroth, chiedendogli di mostargli i cavalli de Re. La passione per le belle bestie di Connor infatti è nota a tutti e Cumain non si risparmia qualche battuta al proposito, anche poco rispettosa. Ma quando, più o meno volutamente, Emeroth si trova solo con i suoi ospiti le battute diventano anche più pesanti, quasi provocazioni, forse per sondare la sua fedeltà al Re.
Emeroth non dà spago al gruppo, ma Cumain comincia a diventare insistente: "il Re tiene più alle sue bestie che alla moglie, all'avere figli, al suo regno. E' ora di cambiare Re!" conclucle. Gli animi si scaldano contro Connor: evidentemente è considerato troppo lasso per regnare ancora. Emeroth mantiene la calma ma in modo assai deciso conferma la sua fedeltà al Re.
"E se ti dicessi che anche Fergus, il tuo maestro, è dalla nostra parte?" lo insidia Cumain. Ma Emeroth non gli crede e il rivale gli raccomanda di andare a informarsi direttamente da Fergus.

Feilhelm si trova nei boschi limitrofi all'Emayn del Re insieme alla sua pupilla Rhian, la figlia maggiore di Mastro Felab. La ragazza è entustiata del viaggio e sta aiutando la Maestra a raccogliere le erbe che si trovano in queste foreste. Mentre le due lavorano e discutono Feilhelm vede passare a cavallo Re Connor e Mastro Felab. "Fortunatamente senza quel cane inquetante" nota la donna.

Re Connor e Mastro Felab sono scesi da cavallo e passeggiano insieme nel bosco. Connor è estremamente cupo in volto, la sicurezza che ostentava il giorno prima nelle sue aule è crollata: l'uomo sembra afflitto da un grave peso di cui si vergogna di parlare perfino con Felab, suo amico sin dalla giovinezza. Mastro Felab un po' aspetta, un po' sospetta che ci sia qualcosa che non va con quel cane così inquietante e prova a introdurre l'argomento. Connor approfitta e si lamenta di sé, dandosi dell'avventato per quello che ha fatto per ottenere Lonan il mastino. Il Re vide il mastino per la prima volta durante una caccia nel bosco. Incontrò "Il Cacciatore" con la sua muta di splendidi cani e da subito rimase ammirato dalla bellezza del mastino. "Il Cacciatore appartiene al popolo di Dana" dice Connor "ed io gli dissi che avrei dato qualsiasi cosa per averlo". Ma da questo momento in poi Connor diventa più reticente e non racconta esattamente quale patto sia stato concluso con il Cacciatore, d'altro canto Felab non glielo chiede. Il fabbro infatti comincia a sospettare qualcosa e gli ci vuole poco per mettere in relazione le reiterate assenze della Regina con il patto stipulato col Cacciatore. Il Fabbro capisce la la Regina è incinta e teme che Connor abbia promesso il suo primogenito... ma la realtà è ancora più orribile: senza guardarlo in faccia per la vergogna Connor rivela all'amico che il mastino gli ha già sbranato il suo primo figlio, pochi giorni dopo che questo è venuto al mondo e che ora teme per l'incolumità del prossimo nascituro.
"Hai fatto bene a raccontarmi queste cose" lo rassicura Felab "puoi stare tranquillo Connor, se lo vuoi porterò via la Regina e la proteggerò io stesso".
"Tu non capisci!" gli risponde concitato Connor "quello è un mastino infernale che viene dal mondo dei morti. Troverà mio figlio, ovunque lo porterai"
"Ora non è più un problema tuo" gli dice serio Felab "Ora devi solo pensare al tuo Regno: devi mostrare a tutti che è saldo nelle tue mani". Connor non capisce subito perché Felab stia cambiando argomento ma alla fine si fida del vecchio amico.
"La Regina Ide si trova sotto la custodia di Cathbadh" dice Connor ma neppure lui sa dove si trovi ora. "Ti affido un compito difficile Felab: ma se dovesse succedere qualcosa a lei o a mio figlio sappi che ti riterrò responsabile" lo avverte serio Connor. Felab si inchina di fronte a Connor e abbassa la testa.
"Se dovesse scorrere il sangue di tua moglie o di tuo figlio avrai la mia testa, mio Re" promette solennemente il fabbro.
"Alzati amico mio" conclude Re Connor in tono più morbido allungandogli la mano.

Ongus avverte il suo giovane apprendista Tanai che l'indomani avrà luogo una grande caccia, organizzata per i festeggiamenti di Belthain.
"Voglio che tu vada al posto mio" gli dice "sono troppo vecchio per prendervi parte, ma è importante testimoniare a questi eventi". Tanai non può che accettare, nonostante la cosa lo spaventi un po': cacciare con i guerrieri del Ramo Rosso può diventare molto pericoloso. Per fortuna però tra loro c'è anche il suo vecchio amico Emeroth e questo lo rincuora un po'. Nelle sale del Re c'è movimento, anche se Connor in questo momento non è presente: i preparativi fervono e Fergus presiede in assenza di Connor. Accanto allo scranno vuoto del Re è accucciato pacificamente Lonan, il mastino. Ma ad un certo punto l'attenzione di tutti i presenti, impegnati in un andirivieni di preparativi, è catalizzata dall'arrivo di un viandante nerovestito. Tanai lo riconosce subito: è l'uomo che la sera prima aveva dormito con lui e gli altri nel bosco. La sala si zittisce, o meglio tutto il vociare si trasforma in un brusio sommesso. Lonan si alza, come per accogliere il nuovo arrivato ed anche Fergus gli va incontro, anche Tanai si accosta al viandante mentre pare che tutti invece lo scansino. Il viandante appare a Tanai assai diverso da quello incontrato il giorno prima, assomiglia più ad un mendicante, non ha lo stesso cipiglio sicuro ed altezzoso. A voce bassa Fergus accoglie l'uomo sulla soglia:
"Connor non c'è ora, ma io ti dò comunque il benvenuto in sua vece. Puoi usufruire della nostra accoglienza finché vorrai" la sua voce è tesa e un poco impacciato, poi a voce più alta perché tutti lo possano sentire: "Ti dò il benvenuto nelle Sale del Re". L'uomo si ritira, a testa bassa, facendo cenni col capo per ringraziamento. Tanai segue Fergus che lo degna giusto di uno sguardo e poi sussurra "Ci mancava solo quello iettatore...".
"L'abbiamo già incontrato ieri sera" gli dice Tanai "un tipo piuttosto silenzioso, a dire il vero".
"Per forza: è muto! E' stato punito dagli dei per quel che ha fatto... ma non potevo rifiutargli l'accoglienza o chissà quale altra sventura ricadrà su di noi..."

Emeroth conosce i particolari dalla caccia di domani e li sta raccontando al suo amico Tanai: Fergus vuole a tutti costi catturare una bestia magica da offrire come sacrificio a Belthain: mira a catturare il cinghiale bianco che abita nel Bosco dei Sussurri. Emeroth è al contempo entusiasta della cosa ma anche un po' perplesso dalla decisione di Fergus: l'obiettivo è davvero impegnativo. Tanai dice all'amico che molti pensano che ora che è arrivato il mendicante qualcosa potrebbe andare storto durante la caccia. I due decidono quindi di verificare se Ongus è al corrente delle voci che circolano sul conto dell'uomo e infatti il bardo conosce la sua storia: il mendicante si chiama Irial ed aveva un fratello di nome Iriol. I due erano innamorati della stessa donna, una giovane di nome Orlaith. La contesa amorosa aveva incrinato il rapporto dei fratelli, tantopiù che la giovane non sapeva decidersi a scegliere uno dei due. Alcuni dicono perché si divertiva a farsi corteggiare, altri perché si sentiva responsabile dell'astio tra i due fratelli e non voleva ferire nessuno dei due con un rifiuto. I fratelli però, per decidere chi dei due sarebbe stato il più degno, decisero di sfidarsi a duello per risolvere la diatriba. Orlaith si oppose ma i fratelli non le diedero ascolto. La leggenda vuole che Orlaith, distrutta dal dolore, sia morta di crepacuore al pensiero che uno dei due sarebbe morto per lei. Più prosaicamente però, e assai più drammaticamente, pare che ella si sia frapposta tra i due il giorno del duello e che, accidentalmente, sia rimasta uccisa trafitta da un colpo di pugnale nel tentativo di dividerli. I fratelli si disperarono e forse capirono dove li avesse portati la loro follia. Deciserò così di tentare di riprenderla dal mondo dei morti. Nessuno conosce i particolari del loro viaggio e cosa sia successo davvero. Però solo Irial è tornato dal viaggio, con la lingua mozzata e la sventura che persegue lui e chi gli sta intorno.

Feilhelm e Rhian proseguono nella raccolta delle erbe di cui stanno facendo provvista ma dopo poco sono raggiunte da Felab. Rhian è felice di rivedere il padre e gli è manifestamente grata per averla fatta partecipare al viaggio. Il fabbro però è scuro in volto per la discussione avuta con Connor e si confida con le due donne. Mastro Felab desidera che Feilhelm si occupi della Regina: di tenerla nascosta e di farla partorire in tutta sicurezza. Feilhelm, anche se non lo dà a vedere, è soddisfatta che l'uomo le affidi questa responsabilità: evidentemente si fida di lei nonostante ci fosse lei ad assisterla quando sua moglie è morta di parto. Mastro Felab rivela la storia di Re Connor omettendo però le responsabilità dell'amico nella faccenda, glissando sulla sua avidità ed avventatezza nel richiedere il cane del Cacciatore. Feilhelm capisce che il fabbro le sta nascondendo qualcosa ma decide di non indagare ulteriormente, lasciando che i tempi maturino. Rhian invece è spaventatissima, ma sia suo padre che Feilhelm le fanno coraggio. "Sei grande Rhian, non ti ho nascosto queste cose perché desidero il tuo aiuto" le dice risoluto il padre.
"Devo vedere la Regina il prima possibile, per capire quanto tempo abbiamo" dice Feilhelm.
"Dovrò parlare con Cathbadh per farmela affidare e scoprire dove si trovi ora" conclude Felab.

La sera, nelle sale del Re, si svolge la cena. Ormai sono davvero tanti gli ospiti che si sono radunati nell'Emayn di Connor. Il Re sembra molto più sicuro di sé di quanto non apparisse il giorno prima, accanto a lui siedono Fergus e Cathbadh i suoi più importanti collaboratori. Ai suoi piedi, immancabilmente, giace anche Lonan, il suo mastino. Ovviamente chi manca è la Regina ed è una mancanza che è difficile non notare e che passa di bocca in bocca tra i presenti. Quando viene portato un cinghiale arrosto il campione del Re, Fergus, si alza per tagliarsi la prima porzione e per servire di conseguenza Connor. Tutti aspettano che il rito del primo boccone si svolga in piena regolarità ed ovviamente nessuno si alza per sfidare questa tradizione.
Il banchetto va avanti serenamente fino a quando nell'aula non fa il suo ingresso Irial. La gente comincia a mormorare e Fergus sussurra all'orecchio del Re che osserva la scena annuendo serio.
"Benvenuto Irial" dice infine il Re alzandosi "fino a che resterai nell'Emayn sarai mio ospite" dice cortesemente il Re, ma tagliando corto, ed indicando ai suoi servitori di far accomodare il mendicante. Tra i vari borbottii e mormorii Feilhelm si accorge che uno di questi la riguarda: nota infatti che i druidi di Cathbadh stanno discutendo e che spesso si voltano nella sua direzione per osservarla, commentando tra di loro. La Madre delle Erbe però non si cura di essere al centro di questa conversazione e procede serenamente nel suo pasto. Prima che il banchetto termini Connor chiede a Tanai di allietare la serata con una canzone e il giovanissimo bardo, nonostante in visibile imbarazzo, non può tirarsi indietro e alla fine racconta la sua storia
tra la soddisfazione generale di tutti quanti.

Mentre nella stanza vengono tolti i tavoli per consentire agli ospiti di stendere i pagliericci e passare la notte, mastro Felab esce dall'aula per seguire Cathbadh. I due si salutano amichevolmente e Cathbadh non manca di congratularsi con Felab per gli ottimi risultati che il figlio sta ottenendo. Il fabbro accompagna il druido presso il suo Dun e Cathbadh non manca di offrirgli ospitalità per la notte. Felab accetta di buon grado, pensando così di avere più tempo per parlare con l'amico della Regina e dei suoi piani. Il druido però incanala la discussione sulla presenza di Feilhelm presso l'Emayn.
"Ti fidi di quella donna?" gli chiede "ma non dovresti! Il potere di Dana sta tramontando: è l'alba del potere degli uomini. Regneremo su questa terra, soggiogando gli altri poteri e scacciandoli come già i Fimbaul sono stati scacciati prima". Felab ascolta le parole del druido ma è deciso a non incoraggiare la discussione, né a prendere parte in merito e cercando di evitare una situazione di conflitto. Il fabbro, giunto infine nella capanna del druido, gli rivela di essere al corrente della condizione di Ide e del rischio che corre. Cathbadh non pare felicissimo di condividere questa preoccupazione col fabbro e quando questo gli propone di occuparsene lui la prende più come un'ingerenza che come un'aiuto vero e proprio. Mastro Felab non vuole tirare la corda e per ora si accontenta di aver accennato la questione al druido, prima però si informa di quanto avanti sia nella gravidanza e scopre così che la donna è ormai all'ottavo mese.
"Ne riparleremo Felab, magari di fronte al Re" chiude la discussione Cathbadh.