un nuovo viaggio
“Da troppo tempo non ci vediamo in volto, e non parliamo l’uno di fronte all’altro. Da quando i miei impegni di re si sono frapposti l’uno all’altro. È arrivato dunque ora il tempo in cui mi appello non al potere della mai corona, ma alla nostra antica amicizia, affinché si ponga fine a questa nostra mancanza.”
Lentamente, nella mente di Felab, la voce che per alcuni istanti era diventata quella del Re Connor McFinn ritorna ad essere quella del messaggero, il suo stesso figlio Emeroth.
Sono effettivamente molti anni che i due non si vedono, fin dall’inizio del regno di Connor, un segno saggio e pacifico. Troppo pacifico, a detta di molti, poiché sono molti, ormai, a vedere nella pace solo un travestimento per la debolezza e la codardia.
Di fronte al messaggio Felab è combattuto. Non può ignorare la convocazione di Connor, né come re né come amico, ma il viaggio durerà alcuni giorni, e la permanenza al Dun del re per i giorni di Belthain potrebbe anche protrarsi per settimane. Cosa potrebbe succedere nel suo Dun durante la lunga assenza? E se si presentasse Lungamano senza trovarlo ad attenderlo? Se Ronan, il suo apprendista, scoprisse qualcosa del suo segreto?
Felab convoca quindi il ragazzo e gli comunica la sua partenza, proibendogli di accendere il fuoco della fornace per tutto il periodo della sua assenza.
“Sono un bravo apprendista!" replica offeso Ronan "Perché ora che ho la possibilità di dimostrarlo mi viene impedito?”
Felab non può ignorare neppure i motivi di Ronan, e acconsente ad affidargli l’uso della fucina, ma non senza una condizione: il fuoco dovrà essere spento ogni notte, e riacceso non prima del mattino successivo.
Non passa molto tempo prima che al Dun si manifesti anche Feilhelm, la Madre delle Erbe. Anche lei ha intenzione di recarsi al Dun di Connor per i giorni di Belthain. Chi rimarrà dunque presso il Dun, dato che anche la figlia maggiore di Felab, in quanto apprendista della Madre delle Erbe, vuole condividere il viaggio della sua mentore? La reggenza del Dun sarebbe stata di diritto compito di Rhian, la figlia maggiore di Felab, ma è chiaro che la ragazza preferirebbe partire con loro.
Felab decide quindi di affidare il Dun a Ronan, il suo apprendista. La piccola compagnia intraprende quindi il suo viaggio, e non passa molto prima che la mente di Felab si affolli di preoccupazioni: riuscirà Ronan a gestire il Dun? Troverà la spada che stava forgiando con il ferro fatato portato da Lungamano?
Arriva la notte, e con essa la pioggia. I viandanti prendono dunque riparo in una sorta di caverna, sotto le grosse radici di una quercia secolare. Ma i quattro sono destinati ad avere molte visite, prima che arrivi l’alba.
Il primo visitatore è un enorme corvo, che si ferma di fronte alla caverna, come ad osservare i suoi occupanti. I viaggiatori lo guardano inquieti: l'animale è certo foriero di un qualche presagio. Nel momento stesso in cui il corvo decide di spiccare il volo, all’orizzonte appare un altro viaggiatore. Questi è un uomo alto e magro, il cui volto è segnato da una lunga cicatrice che va dalla tempia al mento, attraversando l’occhio sinistro ormai cieco. Felab non può che invitarlo ad entrare, nel nome dell’ospitalità, e il nuovo arrivato prende un posto in disparte della caverna, senza dire parola.
È quindi la volta di altri due viaggiatori, Ongus. un noto bardo che viaggia anche lui verso il Dun del Re a portare le notizie che vengono dal resto di Eire, e il suo apprendista, Tanai, un amico di vecchia data del suo quasi coetaneo Emeroth.
I viaggiatori condividono il cibo che hanno portato con sé, e Ongus lascia che sia il suo apprendista ad allietare la serata con il racconto di una antica leggenda. Tanai sceglie una vecchia storia sui primi uomini, che strinsero un patto con Eire per costruire i loro villaggi, ma alla fine quando Eire sciolse il patto perché gli uomini si erano spinti oltre ai confini che aveva tracciato, gli uomini decisero di non stringerne un nuovo, ma procedere con le loro sole forze.
Anche il taciturno viandante orbo sembra ascoltare la storia con molta attenzione, e alla fine della storia, sotto lo sguardo incuriosito degli altri, con le erbe contenute nel suo fagotto prepara una sorta di intruglio che offre agli altri che, seppur riluttanti, accettano l’offerta per non infrangere la tradizione dell'ospitalità.
E' quindi il sonno a prendere il suo posto nella notte scura. Uno dopo l’altro tutti i viaggiatori cadono addormentati, per ultimo Tanai, che prima di addormentarsi, già a metà tra il torpore e la veglia, vede il misterioso figuro che lo osserva con attenzione, mentre da fuori si sente il battere degli zoccoli dei cavalli impauriti da qualcosa. Il gracchiare di un corvo rende la scena ancora più tesa, come in un incubo, e il grosso uccello si ferma di fronte all’ingresso della caverna ripetendo le sue grida, fino a che il viaggiatore guercio non lo costringe a fuggire brandendo un tizzone del focolare.
Ricordando che il corvo è un animale sacro, Tanai commente “porta male”. L’ultima cosa che sente prima di cadere definitivamente nel sonno è la risposta dello sconosciuto, le sue prime e ultime parole.
“Non se sei già dannato.”
Lentamente, nella mente di Felab, la voce che per alcuni istanti era diventata quella del Re Connor McFinn ritorna ad essere quella del messaggero, il suo stesso figlio Emeroth.
Sono effettivamente molti anni che i due non si vedono, fin dall’inizio del regno di Connor, un segno saggio e pacifico. Troppo pacifico, a detta di molti, poiché sono molti, ormai, a vedere nella pace solo un travestimento per la debolezza e la codardia.
Di fronte al messaggio Felab è combattuto. Non può ignorare la convocazione di Connor, né come re né come amico, ma il viaggio durerà alcuni giorni, e la permanenza al Dun del re per i giorni di Belthain potrebbe anche protrarsi per settimane. Cosa potrebbe succedere nel suo Dun durante la lunga assenza? E se si presentasse Lungamano senza trovarlo ad attenderlo? Se Ronan, il suo apprendista, scoprisse qualcosa del suo segreto?
Felab convoca quindi il ragazzo e gli comunica la sua partenza, proibendogli di accendere il fuoco della fornace per tutto il periodo della sua assenza.
“Sono un bravo apprendista!" replica offeso Ronan "Perché ora che ho la possibilità di dimostrarlo mi viene impedito?”
Felab non può ignorare neppure i motivi di Ronan, e acconsente ad affidargli l’uso della fucina, ma non senza una condizione: il fuoco dovrà essere spento ogni notte, e riacceso non prima del mattino successivo.
Non passa molto tempo prima che al Dun si manifesti anche Feilhelm, la Madre delle Erbe. Anche lei ha intenzione di recarsi al Dun di Connor per i giorni di Belthain. Chi rimarrà dunque presso il Dun, dato che anche la figlia maggiore di Felab, in quanto apprendista della Madre delle Erbe, vuole condividere il viaggio della sua mentore? La reggenza del Dun sarebbe stata di diritto compito di Rhian, la figlia maggiore di Felab, ma è chiaro che la ragazza preferirebbe partire con loro.
Felab decide quindi di affidare il Dun a Ronan, il suo apprendista. La piccola compagnia intraprende quindi il suo viaggio, e non passa molto prima che la mente di Felab si affolli di preoccupazioni: riuscirà Ronan a gestire il Dun? Troverà la spada che stava forgiando con il ferro fatato portato da Lungamano?
Arriva la notte, e con essa la pioggia. I viandanti prendono dunque riparo in una sorta di caverna, sotto le grosse radici di una quercia secolare. Ma i quattro sono destinati ad avere molte visite, prima che arrivi l’alba.
Il primo visitatore è un enorme corvo, che si ferma di fronte alla caverna, come ad osservare i suoi occupanti. I viaggiatori lo guardano inquieti: l'animale è certo foriero di un qualche presagio. Nel momento stesso in cui il corvo decide di spiccare il volo, all’orizzonte appare un altro viaggiatore. Questi è un uomo alto e magro, il cui volto è segnato da una lunga cicatrice che va dalla tempia al mento, attraversando l’occhio sinistro ormai cieco. Felab non può che invitarlo ad entrare, nel nome dell’ospitalità, e il nuovo arrivato prende un posto in disparte della caverna, senza dire parola.
È quindi la volta di altri due viaggiatori, Ongus. un noto bardo che viaggia anche lui verso il Dun del Re a portare le notizie che vengono dal resto di Eire, e il suo apprendista, Tanai, un amico di vecchia data del suo quasi coetaneo Emeroth.
I viaggiatori condividono il cibo che hanno portato con sé, e Ongus lascia che sia il suo apprendista ad allietare la serata con il racconto di una antica leggenda. Tanai sceglie una vecchia storia sui primi uomini, che strinsero un patto con Eire per costruire i loro villaggi, ma alla fine quando Eire sciolse il patto perché gli uomini si erano spinti oltre ai confini che aveva tracciato, gli uomini decisero di non stringerne un nuovo, ma procedere con le loro sole forze.
Anche il taciturno viandante orbo sembra ascoltare la storia con molta attenzione, e alla fine della storia, sotto lo sguardo incuriosito degli altri, con le erbe contenute nel suo fagotto prepara una sorta di intruglio che offre agli altri che, seppur riluttanti, accettano l’offerta per non infrangere la tradizione dell'ospitalità.
E' quindi il sonno a prendere il suo posto nella notte scura. Uno dopo l’altro tutti i viaggiatori cadono addormentati, per ultimo Tanai, che prima di addormentarsi, già a metà tra il torpore e la veglia, vede il misterioso figuro che lo osserva con attenzione, mentre da fuori si sente il battere degli zoccoli dei cavalli impauriti da qualcosa. Il gracchiare di un corvo rende la scena ancora più tesa, come in un incubo, e il grosso uccello si ferma di fronte all’ingresso della caverna ripetendo le sue grida, fino a che il viaggiatore guercio non lo costringe a fuggire brandendo un tizzone del focolare.
Ricordando che il corvo è un animale sacro, Tanai commente “porta male”. L’ultima cosa che sente prima di cadere definitivamente nel sonno è la risposta dello sconosciuto, le sue prime e ultime parole.
“Non se sei già dannato.”