Saturday, June 24, 2006

un destino si compie

Lo stendardo dei McFinn sventola forte, trascinato dalla veloce corsa di Emeroth: molti guerrieri lo stanno seguendo anche se altrettanti non capiscono perché non sia il giovane Vargalas a fare da gonfaloniere. Il gruppo, capitanato da Cumain ed Emeroth deve dare man forte a Re Connor, arroccato sulla collina. Le istruzioni di Fergus suggeriscono di dividere i guerrieri in due parti: una che soccorra direttamente Re Connor e l'altro che faccia il giro della collina per attaccare i Pitti sul fianco. Emeroth e Cumain dovrebbero quindi dividersi, capitanando ciascuno uno dei due gruppi, ma Emeroth non vuole perdere di vista il cugino del Re perciò, non appena i guerrieri interrompono la loro corsa per dividersi, Emeroth affida lo stendardo ad uno dei luogotenenti di Cumain.
"Felas, procedi diritto verso la collina" gli ordina sicuro "arriveremo presto in vostro aiuto" dopodiché si volta verso Cumain che lo sta guardando con uno sguardo indecifrabile, forse irritato, forse sopreso.
"Sono ai tuoi ordini!" dice Emeroth senza riuscire a frenare un certo sarcasmo nella voce.
I due gruppi si separano, ma presto, nel aggirare la collina, Emeroth e compagni sono intercettati da un gruppo di Pitti con le loro stesse intenzioni.
"Apriamoci un varco!" urla perentorio Cumain mentre i Celti si lanciano urlando contro i nemici. L'impatto è violentissimo: grida di guerra si mescolano ad urla di dolore mentre morti e feriti si accasciano al suolo da ambo le parti. Emeroth procede determinato con Alfalas, la spada forgiatagli dal padre, salda nel pugno. Mentre procede roteandola a destra e manca più di un nemico cade a terra ferito gravemente dai suoi colpi

Intanto Moctha continua a fare la spola tra la collina, dove letteralmente scendono rivoli di sangue, e il suo signore, stando bene attento a non farsi coinvolgere nella mischia. Il ragazzo vorrebbe avvicinarsi al Re ma il suo senso del dovere nei confronti di Orlaith lo costringe a guardarsi indietro più volte. Una di queste non può fare a meno di notare che Orlaith è in difficoltà: un'accetta di un Pitto ha fracassato lo scudo del suo padrone e l'avversario lo sta incalzando. Moctha strappa da un Celta steso a terra uno scudo e si precipita verso il proprio signore per prestargli aiuto. Un urlo disumano proviene alle sue spalle sulla collina, ma Moctha decide di non fermarsi nonostante il fragore cresca sempre più.
"Vattene ragazzo!" gli ordina Orlaith vedendolo accanto a sé, ma appena riesce a liberarsi dal suo avversario raccoglie lo scudo che Moctha gli sta porgendo.
"Abbiamo promesso alla tua famiglia che ti avremmo tenuto lontano dalla battaglia: vattene ora!" gli ripete Orlaith, ma Moctha non lo sta più ascoltando: ha notato un Pitto che sta arrivando con la lancia spianata per caricare il suo signore. Moctha urla di fare attenzione ma è costretto a passare all'azione: sfodera la spada che aveva raccolto da terra poco prima, devia il colpo della lancia e poi affonda la lama nel corpo del nemico, muovendosi come Emeroth gli ha insegnato.
"Re Connor, sulla collina, ha bisogno di noi" ansima Moctha in preda all'eccitazione e alla confusione. Orlaith raduna i suoi familiari e tutti insieme corrono a dar man forte al Re.
Sulla collina li attende uno spettacolo terrificante: un gruppo di Pitti mastodontici, decorati di blu e dalle braccia ricoperte di sangue, combattono senza armi, a pure mani nude; ma non sono mani qualunque: hanno braccia esageratamente nerborute ed artigli al posto delle unghie, come fossero animali feroci. Lanciano grida gutturali che terrorizzano gli avversari e schiantano gli scudi afferrandoli a mani nude.

Tanai, giunto anch'egli in cima alla collina, si mette al fianco del gruppo del Re che guarda allibito i nuovi venuti e rivolte poi il suo sguardo verso la base della collina, nella speranza di vedere arrivare i rinforzi capitanati da Cumain. Fergus, il campione del Re, fa valere la sua esperienza e la sua abilità ed abbatte più di un nemico che prova ad avvicinarsi allo stendardo che però è costretto ad arretrare. Anche Tanai si fa valere ed abbatte alcuni nemici e nonostante dei colpi lo raggiungano alle braccia e al torace non si perde d'animo e resta al suo posto.

Anche Emeroth continua a combattere e mietere vittime con l'urgenza di arrivare al più presto in aiuto di Connor. Il guerriero mena fendenti a destra e manca fino a quando una fitta dolorosa lo sorprende su un fianco, alle spalle. Emeroth si gira di scatto, pronto a fronteggiare un nuovo inatteso nemico, ma di fronte a sé vede invece Cumain che lo guarda con occhi sorpresi; un pugnale giace a terra fra loro due. Emeroth freme di rabbia all'idea del tradimento che si sta già consumando ma non può far altro che tener testa ad altri due pitti che lo stanno assalendo approfittando della sua distrazione. Emeroth para con maestria il colpo del primo e fa scorrere la sua lama fino a recidere il braccio del suo aggressore; purtroppo però non riesce a fare lo stesso con il secondo avversario che, approfittando della superiorità numerica e della ferita già infertagli, riesce a raggiungerlo di nuovo su quel fianco aprendogli un profondo squarcio e mandandolo a terra mentre il mondo si offusca lentamente.
"Emeroth è ferito!" sente urlare intorno a lui dalla voce di Cumain.

Feilhelm riemerge infine dalle acque, ancora sorpesa e stordita da quello strano viaggio. Le ninfe la sostengono senza tanta delicatezza e la sbattono contro la banchina. L'anziana donna si aggrappa con tutte le sue forze alla riva e si trascina fuori dall'acqua, infreddolita, provocandosi diverse escoriazioni alle mani e alle braccia.
"Ssssei arrivata... " le sussurrano le ninfe mentre le graffiano malignamente le gambe. Feilhelm non risponde nulla ma si allontana dalla loro portata; il buio però non le consente di vedere pressoché nulla.
"Abbiamo assssolto al nosstro dovere..." sghignazzano sotto il pelo dell'acqua le ninfe "Ti abbiamo portata dove Lehin voleva, ma tu ora dovrai trovare da sola la strada per l'uscita. Fai attenzione donna: una via porta alla luce del giorno mentre l'altra all'oscurità perpetua".
Feilhelm, intirizzita e tremante, si tasta attorno nel buio trovando solo rocce appuntite. Piano piano comincia a muoversi a tentoni verso una direzione fino a che un alito di vento non attrae la sua attenzione. Una sottile brezza le sfiora il visto e la donna segue quella piccola traccia, aggrappandosi ad essa come ad una speranza; poco dopo le pare di intravedere una sottile luce e capisce che sta rivivendo il sogno che le ha descritto Nyhallam. Feilhelm non si perde d'animo ma continua nella sua lenta e penosa marcia nel buio fino a che non sente un rumore, come di qualcosa che striscia tra le rocce. La luminosità si fa leggermente più forte e dopo poco le pare che questa provenga da una caverna poco distante da lei.
C'è una sala illiminata da una strana luce fluorescente emessa da alcuni cristalli che si muovono lentamente. Dalla sala partono due uscite: una leggermente in salita e l'altra verso il basso. Feilhelm avverte subito la presenza di un potere antico e molto forte, ma subito la sua attenzione è attratta da un enorme serpente il cui corpo è cosparso dai cristalli della sala. L'anziana donna capisce subito di trovarsi di fronte alla leggenda di Gorgoth, il serpente bifronte, guardiano del Regno dei Morti. Gorgoth possiede un corpo e due teste: una a ciascuna delle sue estremità; la leggenda dice che una testa sia velenosa, mortale e che dica sempre il falso mentre l'altra invece dica solo il vero e dalle cui fauci gronda un nettare che ridona la vita.
"Salute a te Gorgoth, signore di questo luogo" dice Feilhelm mentre con la sua mente ritorna ai miti che spesso ha sentito raccontare dai bardi. La donna sa di poter rivolgere al serpente una sola domanda e che da quella domanda dipende il proseguo della sua missione. Feilhelm, contratta dal dolore e dalla paura, chiude gli occhi per trovare dentro di sé la concentrazione necessaria a formulare la sua domanda, poi si avvicna ad una delle due teste.
"Serpente bifronte: se chiedessi all'altra tua testa se questa davanti a me è la strada che mi condurrà alla luce del giorno, lei cosa mi risponderebbe?" chiede infine.
"Ti risponderebbe di sì!" sibila con una profonda voce Gorgoroth.
"Allora prenderò l'altra strada!" conviene Feilhelm ed imbocca l'latra uscita abbandonando di corsa la sala in preda al terrore. L'anziana, trovandosi di nuovo al buio, inciampa e cade a terra, con una caviglia dolorante per la storta subita. La donna vorrebbe piangere ma si contiene e si rialza, non dandosi per vinta: c'è la vita dei suoi figli in palio! E riprende la sua corsa.
Feilhelm si ferma solo quando finalmente va a sbattere contro un albero: è finalmente fuori dalla caverna e sta albeggiando. La donna si guarda attorno, inebetita e subito un corvo le si posa sulla spalla.
Mentre osserva inebetita la luce diffondersi intorno a lei, nota che deve essere ruzzolata da una piccola apertura poco più in alto. Forse un po' troppo piccola, a dire il vero, se non per lasciar passare un bambino.
"Ti mandano le Morrigan, vero?" dice Feilhelm rivolta al corvo. L'animale la guarda e poi, per tutta risposta, le dà un beccotto sullo zigomo provocandole un taglio dal quale però non esce sangue.

I Pitti sulla collina imperversano e falciano una vittima dietro l'altra. Gli enormi pitti dalle fattezze di grossi orsi feroci sembrano davvero imbattibili. Anche Tanai combatte tenacemente, mentre Connor, poco lontano urla ai suoi di tenere duro, che presto arriverrano i rinforzi; ma il Re quasi non crede alle sue stesse parole: si scambia un'occhiata con il bardo ed entrambi campiscono che è arrivato il temuto momento del tradimento. Moctha intanto resta al fianco di Orlaith anche se questo significa che qualche Pitto, credendo di mietere una facile vittima, gli si avventa contro.
Tanai viene assalito da una coppia di nemici e nonostante riesca a resistere ai ripetuti assalti è allo strenuo delle forze, ferito e grondandante del suo stesso sangue. Come se non bastasse uno dei feroci pitti-orsi gli si para davanti e lo colpisce al torace con una violenta artigliata. Tutto si fa scuro ed ovattato intorno al bardo mentre cade a terra intontito. Al suolo, Tanai vede cadare vicino a sé anche Fergus, sotto le micidiali arpate di un altro nemico e subito dopo è lo stendardo del Re a vacillare ed anche Connor Re dei Celti, cade, stringendo caparbiamente in pugno l'emblema dei McFinn. Tutto è perso e Tanai avverte che i sensi lo stanno lasciando mentre una voce, lontana, grida: "Cumain, Cumain! Arriva Cumain!".

Feilhlem ode i rimori della battaglia, poco lontani. Si rende conto solo all'ultimo, mentre si avvicina alla loro fonte, che poco lontano da lei, le sta correndo incontro Rhian. La giovane ferma la sua corsa ad un passo di distanza da lei, accorgendosi solo all'ultimo istante della sua presenza. Rhian osserva confusa la madre adottiva e poi, spaventata, il corvo che le sta appollaiato sulla spalla. Poi, riprendendosi un poco:
"Devo andare! Devo portare un segno" dice indicando la battaglia con una mano, nell'altra stringe qualcosa avvolto in un panno.
"E' il pugnale di Nyhallam quello?" chiede Feilhelm "Lui è qui? Non è possibile" si risponde da sola la donna.
"Come fai a sapere del pugnale? Lo hai visto? Lui stesso me l'ha dato" si informa sempre più confusa Rhian "Ci siamo incontrati stanotte, come mi aveva chiesto".
"E non ti è sembrato strano?" domanda Feilhelm.
"No, ma era molto serio e non ha voluto che lo toccassi, né che lo baciassi. Mi ha dato il suo pugnale e mi ha detto di consegnarlo a Re Connor, come suggello del patto stretto con Fergus".
"Posso vederlo?" chiede Feilhlem e Rhian glielo consegna. La donna riconosce subito il pugnale di cui il figlio le ha parlato "Nyhallam non può averti voluto dare questo incarico; lui non voleva combattere questa guerra. E poi si trova lontano da qui...".
"Anche tu non dovresti essere qui ora, ti sapevo lontana" dice confusa Rhian.
"Ho preso... un'altra via. Ma tu, stanotte, non hai incontrato Nyhallam. Devi aver visto Lungamano, o Lug, Signore dei Thuata. Resta fuori da questa storia Rhian, non andare avanti".
Rhian rimane estremamente turbata a sentir parlare la propria madre adottiva in questi termini e capisce subito che, sì, è possibile che sia stata raggirata.
"Ma cosa posso fare madre? Sei sicura di quello che dici? Sei sicura che questa sia la decisione giusta?" chiede disperata Rhian.
"C'è bisogno di te laggiù, Rhian. Ma non come vuole Lungamano, ma come ti ho insegnato io: dobbiamo aiutarli con le arti della guarigione e non con gli inganni di Lug".
"Ma io ho promesso. Ho preso un impegno" protesta Rhian. Feilhelm si fa ancora più triste ma sapendo che il suo destino è ormai compiuto alza una mano in direzione di quella sua figlia.
"Passalo a me allora! Lascia a me questo fardello e le sue conseguenze. Vai ad aiutare la tua gente. Sono venuta per salvarti Rhian e non cederò adesso. Devi fidarti di me".
Rhian, sempre più turbata nel sentir parlare Feilhelm in quel modo, capisce però cosa deve fare e consegna nelle mani della donna il pugnale di Fergus. Poi, presagendo qualcosa di buio nel futuro e osservando di nuovo il corvo sussurra alla madre:
"Non lasciarmi sola anche tu!" e una lacrima le riga il volto.
Feilhlem osserva con stizza il corvo che non l'ha più lasciata da quando è uscita dalla caverna: "Il mio destino è già nelle tue mani; ora però vattene!" e dicendo questo scaccia la bestia con un brusco gesto.
"Andrò!" risponde inaspettatamente il corvo "ti aspetterò alla caverna; so che tornerai. Devi farlo".
Rhian abbraccia quindi Feilhelm e più e più volte le bacia il volto e poi le mani, ogni volta il saluto si ripete perché la giovane non riesce ad abbandonare colei che l'ha cresciuta ed istruita.
"Dobbiamo andare ciascuna incontro al proprio destino" dice solennemente Feilhelm. Poi le due donne si separano dal loro abbraccio.
"So che la tua scelta è quella giusta, madre" dice Rhian "è sempre stato così" poi la giovane tace e si allontana dirigendosi là dove è necessario il suo aiuto. Feilhelm rimane ferma ad osservarla mentre la distanza tra le due si fa sempre più grande. Ad un certo punto Rhian si ferma e si volta per cercare lo sguardo di Feilhelm, ma fatica a trovarlo e solo dopo un po' alza la mano nella sua direzione per un ultimo saluto.
Feilhelm, infine, resta sola, con il pugnale in mano e un peso fortissimo sullo stomaco. Dopo un'attimo di indecisione la donna si volta e si dirige alla cavarna dove il corvo è fermo ad attenderla.

Lehin rientra nella caverna delle ninfe, guidato dalla sua lanterna piena di lucciole sfavillanti.
"Sono Lehin, fratello di Lug. Io vi invoco" dice con voce potente. Le acque si agitano e dopo poco, riaffiornao i volti marcescenti delle ninfe, con la loro bocca sghignazzante e bubbolante subito sotto il pelo dell'acqua.
"La rivoglio!" ordina Lehin.
"Non puoi averla! E' morta!" rispondono maligne le ninfe "Ha finalmente pagato per i suoi insulti e i suoi tranelli".
"Rivoglio il suo corpo e lo rivoglio ora!" dice Lehin sempre più risoluto, poi si sfila uno dei suoi anelli e lo getta nel lago. Le ninfe si gettano avidamente là dove il pagamanto per quanto richiesto è stato lanciato.
Dopo poco, sostentuto dalle mani grigie e palmate delle ninfe, riaffiora il povero corpo di Feilhelm: emaciato e gonfio per l'affogamento. Lehin la prende delicatamente tra le sue braccia e la madre delle erbe, ancora una volta, torna ad essere bella e giovane. Poi la fata si volta, uscendo dalla carvena, illuminato solamente dalla sua lanterna di lucciole.

Thursday, June 08, 2006

l'ombra del serpente


Feilhelm è seduta davanti al fuoco, nella sua capanna; i dolori della vecchiaia che avanzano. L'anziana erborista va col pensiero a Rhian, partita da pochi giorni con le truppe di Re Connor per offrire i suoi servizi di cerusica. Feilhelm si augura però che Rhian torni presto per concludere la sua gravidanza serenamente e lontana dalla guerra contro i Pitti. Mentre questi pensieri assorbono la mente di Feilhelm un secco rumore la riporta bruscamente alla realtà.
"Crac!" e una delle brocche sulle mensole dietro a Feilhelm si rompe, attraversata da una lunga crepa. Feilhelm interpreta subito l'evento come un cattivo presagio: quella brocca era spesso usata da Rhian per andare a prendere l'acqua alla fonte... la crepa sulla brocca si divide in due: da una parte un grande dolore, dall'altra disperazione, questa è l'interpretazione di Feilhelm sempre più preoccupata.
Assorta nei suoi pensieri, Feilhelm non si accorge che nella sua casa sta entrando Nyhallam. Il Thuata però percepisce il turbamento della madre e si accosta a lei con modi dolci e gentili. Feilhelm è felice di rivedere il figlio e lo abbraccia stretto a sé rivelandogli il motivo della sua preoccupazione: Rhian è in pericolo. La faccia di Nyhallam si scurisce ancora di più perché il giovane, nelle notti passate, è stato visitato da alcuni sogni di cui ora era venuto a chiedere l'interpretazione.
Nyhallam sogna Rhian, spersa nelle profondità della terra, sola in una caverna oscura dalla quale tenta inutilmente di uscire; ma la ragazza, disorientata dal buio pesto non riesce a trovare una strada, cade, si sbuccia mani e ginocchia. Rhian non si perde d'animo ed infine scorge, lontana, una luce che la guida, ma quando arriva nei pressi dell'uscita questa si rivela essere in realtà nient'altro che le enormi fauci di un serpente che si chiudono sulla ragazza prima che possa guadagnare la sua libertà.
Molte volte Nyhallam ha fatto questo sogno e qualche volta gli è capitato di essere protagonista della vicenda: egli si arma e si dirige verso la caverna per salvare la sua amata prima che sia tardi; Nyhallam sopraggiunge proprio mentre le fauci stanno per chiudersi sull'ignara Rhian e riesce a fermarle e trascinare via la ragazza, ma poi capisce di essere stato ferito sulle braccia e le ferite grondano di sangue e veleno...
Feilhelm osserva suo figlio con aria preoccupata, mettendo in relazione le due crepe sulla brocca di Rhian con questi sogni, come fossero due possibilità che il destino mette di fronte a loro; l'anziana donna decide quindi di chiedere il terzo segno al fuoco e, presa la brocca incrinata, la scaglia nelle braci: le scintille divorano i cocci e una lungua di fuoco si erge tra tutte, piegandosi nella foggia di un serpente.
"Un tradimento minaccia Rhian... o forse lei stessa sarà ingiustamente accusata di tradimento; o ancora potresti essere tu, figlio mio, ad essere accusato: nel sogno porti con te delle armi. Hai deciso di partire per la battaglia di Re Connor?" chiede Feilhelm.
"Fergus in persona è venuto a chiedere il nostro aiuto, madre".
Pochi giorni prima, infatti, Fergus si era recato nel bosco accompagnato da alcuni guerrieri del Ramo Rosso. Il Campione del Re desiderava di parlare con i figli di Dana e convincerli a schierarsi al loro fianco contro i Pitti. Un'alleanza difficile e improbabile, ma visti i tempi duri nulla era stato scartato da Fergus. Per molto tempo Fergus vagò nel bosco senza ricevere un segno dal popolo fatato, l'ansia prese il suo cuore e lo sconcerto e il dubbio attanagliò i suoi compagni. Fergus infine, fattosi sfrontato, cominciò a parlare da solo alle fronde che si muovevano, certo di parlare ad qualcuno che lo osservava ma che non voleva farsi vedere.
"Cathbadh mi ha consigliato di cercare il tuo aiuto, principe Nyhallam. Voi del popolo fatato potete e dovete aiutarci!" ma nessuno prestò risposta alle sue parole. Alcuni tra i compagni di Fergus provarono a farlo desistere ma il Campione, profondamente insultato, da quel silenzio a lungo insistette per ottenere ascolto. Infine dovette cedere.
"Principe Nyhallm" disse lanciano un pugnale nel bosco "questo mi porterai quando ti sarai deciso ad unirti alla nostra giusta causa".
Ma Nyhallam non ha nessuna intenzione di partecipare a quella bega tra uomini e rivela questo pensiero alla madre, mostrandole il pugnale che ha recuperato nel bosco.
"Le vicende degli uomini non ci riguardano..." si giustifica.
"Non direi... ricorda piuttosto la leggenda di Gae Bulga e non dimenticare che appartieni anche tu alla stirpe dei mortali" gli ricorda triste la madre.

Emeroth è ferito gravemente. Tutto gira intorno a lui mentre vampate di caldo e di freddo si alternano per tormentarlo. Tutti i suoi sensi sono annebbiati ma in alcuni momenti di lucidità il guerriero capisce che sua sorella è lì per curarlo. Rhian si china su di lui per medicargli la ferita all'addome, ma Emeroth la spinge via, allungando la mano verso la sua spada, nonostante non sia minimamente in grado di alzarsi! Caparbiamente il giovane si alza dal letto, tra le proteste di Rhian, ma non appena messosi in piedi non può evitare di cadere rovinosamente a terra.
Tra le imprecazioni di Rhian, che tenta di rialzarlo, arriva anche Fergus che visto il triste spettacolo tenta di convincere Emeroth a riposarsi.
"Calmati!" dice Fergus "Tra alcuni giorni ci sarà di nuovo battaglia con i Pitti. Hanno fatto razzia qui vicino e per allora dovrai stare in salute: ci serviranno le tue braccia". Emeroth vorrebbe ignorare anche le parole del suo vecchio Emeroth, inebetito dalla febbre, ma le sue condizioni sono piuttosto brutte e alla fine non può far altro che svenire.

Mochta lo scudiero, nel piazzale dove sono radunati i guerrieri in allenamento, cerca di star dietro agli ordini che gli impartisce il suo signore Orlaith. "Spada!" urla comandandolo. "Scudo!" ripete dopo poco.
"Portami le frecce!" Il giovane scudiero scatta avanti e indietro e in uno dei suoi viavai trova ad attenderlo Olkan, il fratello del suo signore. L'uomo lo aspetta a braccia aperte, come volesse abbracciarlo, ma Mochta non ha alcuna intenzione di fidarsi, tutto trafelato com'è e si divincola prima che questi possa afferrarlo.
"Brava donnola!" gli urla dietro Orlaith.
Altri scudieri, più grandi di lui, maneggiano anche alcune spade di legno e Mochta vorrebbe provare anche lui ad impugnarne una: Emeroth glielo concedeva quando erano al pascolo con le vacche. Ma qui la musica è assai diversa: lo scudiero si prende subito un secco rimbrotto per la sua iniziativa e quando lo trovano ad allenarsi con un'altro scudiero gli arrivano anche dei sonori ceffoni.
Il giorno dopo, tutti i guerrieri si radunano nella sala del Re: un enorme capannone montato apposta per permettere a tutti i presenti di prestare giuramento al Re. Moctha guarda tutto con gli occhi che gli brillano per l'emozione: osserva i guerrieri estasiato, vede passare l'elite del Ramo Rosso e quasi non crede ai suoi occhi, l'emozione più grande però è vedere Fergus, il campione del Re e Re Connor in persona!
Tutti si chinano per prestare giuramento ed anche Moctha fa per inchinarsi.
"Ma che fai?" lo sgrida Orlaith "i guerrieri giurano fedeltà!"
"Allora, se non posso giurare fedeltà a Connor in persona, giurerò fedeltà al mio signore perché lui ha giurato fedeltà al Re!" risponde serio Moctha.
"Bravo Moctha!" risponde Orlaith ammirato "Non temere: verrà anche per te il tempo del giuramento. A ciascuno il proprio destino!".
Dopo il giuramento seguono i festeggiamenti e Moctha è di nuovo indaffarato a servire Orlaith e la sua famiglia. Va avanti e indietro portando acqua e vino ed una volta inciampa e versa il contenuto della brocca contro uno degli ospiti. L'uomo non la prende affatto bene e vorrebbe mettergli le mani addosso per insegnargli a stare più attento, ma Moctha riesce a sfuggirgli e si confonde nella folla.
"Cumain! Lascialo perdere e torna qui a brindare con noi" dicono alcune voce dietro di lui.

Tanai intanto approfitta delle ferite subite per permettere ad uno dei suoi apprendisti di esordire. Il bardo sarebbe in grado di suonare e cantare tranquillamente ma decide di farsi accompagnare per poter dare un'occasione ai più giovani di mostrarsi in pubblico. Quando in molti cominciano a chiedergli una storia il bardo si alza in piedi e, in tono triste e malininconico, intona una vecchia canzone che parla di un tradimento punito. Tanai mira a dare un avvertimento ad orecchie che sappiano intendere ed infatti non può fare a meno di notare più di uno sguardo colpevole e preoccupato. Al termine della canzone Re Connor si alza in piedi ed annuncia che l'indomani notte, con il favore della Luna, l'esercito marcerà contro i Pitti. Cathbadh ha dato la sua approvazione. La gente esulta al pensiero della battaglia e della disfatta degli odiati avversari. Nonostante questo Tanai capisce che alcuni sguardi dicono chiaramente che per troppo tempo si è aspettato questo momento.

Al Dun di Mastro Felab, intanto, Feilhelm decide che non può più stare con le mani in mano. Deve andare a parlare con il Cacciatore e chiedere il suo aiuto. La donna recupera la spilla che Nyhallam aveva regalato a Rhian e si infila nel bosco, nella speranza di essere guidata dai suoi obliati ricordi. Dopo poco Feilhlem si rende conto che gli alberi attorno a lei si scansano per indicarle un cammino e alcune luci appaiono in lontananza. Feilhelm vorre raggiungere le luci, ma una strana creatura dalla foggia di un rospo le si para davanti dicendole che non può partecipare alla festa del popolo fatato.
"Sono sicura che il tuo signore non sarebbe felice di sapere che mi hai allontanata... ti darò una manciata di queste..." dice Feilhelm allungando la mano dentro ad una delle sue borse delle erbe ed offrendone il contenuto alla creatura "se mi accompagnerai da lui".
"Forse potrei annunciargli la visita di una gentile mortale" gongola la creatura mentre accetta l'offerta di Feihelm. La donna può quindi procedere nel suo cammino verso le luci e quando arriva a destinazione rimane di stucco nel rivedere la bellezza del popolo fatato. Tra i vari presenti c'è anche il Cacciatore che, nonostante l'età ormai avanzata di Feilhelm, non fatica a riconoscerla.
"La tua bellezza non ti ha abbandonata" la saluta gentile il Cacciatore.
"Invece molti anni mortali si sono affastellati sulle mie povere ossa..." replica un po' imbarazzata Feilhelm.
"Non qui, non stanotte. Sei bella come lo sei sempre stata" risponde Lehin sfiorandole delicatamente il visto e Feilhelm si rende conto che il suo corpo e il suo spirito sono di nuovo giovani, come quando aveva vissuto la sua storia d'amore con il Cacciatore dei Boschi.
"A cosa debbo l'onore di questa visita mia Signora?" chiede Lehin.
"Sono preoccupata per i nostri figli..."