Friday, February 02, 2007

il nascondiglio della pietra dei firbolg

Di nuovo quel sogno maledetto per Emeroth, ma almeno la prima prova è superata, e a forza di confrontarsi col fratello Ferdrad il Re degli uomini ha capito cosa rappresenta: è un percorso, in cui la strada non c’è e in cui bisogna attivamente cercare la via e trovarla. Chissà dove. Chissà quando.
E finalmente gli è venuto in mente chi sia il guerriero che lo accompagna sempre nei sogni: sì, conosceva le sue armi, anche se non l’ha mai veduto in volto, infatti è il guerriero che Emeroth e Cumain trovarono morto e seppellirono, lungo il percorso sotterraneo fatto per recuperare il pentolone di Taron. «Il nobile guerriero a cui quel cane di Cumain ha rubato la Pietra dei Vermi, precipitandoci tutti in questo inferno», non può fare a meno di pensare digrignando i denti e sputando.

Neve e freddo per Tanai e Maleya. «Di qua» urla uno dei Celti cacciatori, ma il bardo ha visto qualcosa di diverso tra gli alberi dietro di loro.
«Tanai, sbrigati – gli si rivolge Maleya – I cacciatori stanno andando e non ci aspetteranno», ma poi lo vede anche lei: è qualcosa, no anzi, qualcuno, che li spia.
Si allontanano dal gruppo di caccia e scalano il colle: la figura ha le vesti sciolte e trasandate e va a zig zag come se fosse pazzo. Maleya scatta in avanti e lo raggiunge senza troppa difficoltà: lo atterra saltandogli addosso. Lui estrae un pugnale, al che lei risponde prendendolo a pugni senza complimenti. Tanai arriva un po’ affannato per la corsa, e pulisce alla strana figura il viso con la neve.
«No, non è possibile!» mormora sgomento: è Cumain. Ed è completamente pazzo, anche se questo non gli impedisce di riconoscere il bardo:
«Tanai Tanai!!! TU, TU avresti DOVUTO impedirmelo».
«Vedo che alla fine ti sei visto allo specchio – gli risponde Tanai, senza sapere se sarà o no compreso – e quello che hai visto non ti è piaciuto»...

Cumain è seduto con lo sguardo perso vicino al fuoco. Alcuni nel Dun sono allibiti, è ridotto così male che non riescono a credere che sia lui. Ma Tanai lo conosceva bene, e nessuno osa mettere in dubbio la sua parola. Il morale è molto basso.

Il bardo si rivolge a Cumain in modo severo:
«Cosa ne hai fatto della pietra, stolto?».
Quello si rincantuccia, quasi piange, ma in qualche modo capisce:
«La Pietra! Non lo so! Non ce l'avevo... non ce l'ho!», ma Tanai lo incalza impietoso:
«Tu la custodivi, che ne hai fatto? Parla!»
«No, io non la volevo! Tu la volevi – ma poi si ritrae, cominicia ad urlare – Me ne sono liberato! L'ho gettata via, l'ho nascosta, così nessuno farà di nuovo il mio errore!»

Maleya, che assisteva in silenzio, interviene: secondo lei l'evidente pazzia di Cumain lo rende molto vicino a Dana, persino più affine delle fate stesse, così come è per tutti i matti. «Dobbiamo sfruttare il suo legame, e risalire il filo fino a trovare Dana. Ne sono convinta – continua – E poi lui ha portato a tutto questo perciò lui sarà il primo passo verso la fine dell'Inverno». Tanai scuote le testa, poco convinto.

Un bambino tira le vesti del druido:
«Guarda, Cumain sta versando la zuppa. Posso farlo anch'io?», una donna si appresta a pulire il piccolo disastro imprecando, ma Tanai la ferma: Cumain sembra quasi in trance, e con le dita traccia ghirigori nella brodaglia per terra. Tanai osserva assorto:
«Quelle forme... è il profilo del monte del Gigante Dormiente»
«Lo conosci?» lo interrompe Maleya quasi saltellando di gioia.
«Sì, lo chiamano così perché sembra un gigante disteso. Non ci sono mai stato, né conosco nessuno che ci sia mai arrivato davvero... Anche perché per arrivarci bisogna prima attraversare le Lande Silenti, popolate di spiriti, e si dice che qualunque umano le attraversi perda la ragione. Inoltre il monte del Gigante Dormiente non ha strade per essere attraversato, perciò nessuno sa cosa c'è dopo»
«Io lo so, le fate lo sanno: non so come fanno a saperlo, ma dicono che ci sia un lago senza fondo» gli risponde Maleya con la fronte corrugata nello sforzo di ricordare.

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