Thursday, October 26, 2006

l'inverno della guerra

Sono passati cinque anni; anni bui dove Re Emeroth ha mobilitato contro i Pitti tutti i clan sui quali è riuscito a manifestare la sua influenza. Il suo sforzo autoritario è stato senza precedenti ed il confronto con i Pitti durissimo. La guerra ha attraversato fasi alterne ma il risultato è sempre incerto, sulla lama di un rasoio affilatissimo. Numerose perdite hanno segnato entrambi gli eserciti. Re Emeroth in persona è intervenuto più di una volta di persona per difendere i clan predati dalle fulminee razzie dei nemici: i Pitti sbucano infatti inaspettatamente dalle foreste rendendo i loro attacchi temibili e terrificanti.
E così la guerra si è protatta per mesi. I mesi sono diventati anni. La situazione è ormai drammatica, difficile da contenere; molti celti non possono che ammirare il coraggio e la determinazione del loro Re, ma le sue alterne fortune cominciano a stancare i clan ed Emeroth è logoro. Le responsabilità e il protarsi della guerra lo hanno scavato duramente.
Ed un giorno è arrivato anche quello che Emeroth temeva da tempo: un clan si è ritirato dal suo esercito, revocandogli la propria fiducia e l'ausilio di valorosi guerrieri. Emeroth non fece una piega quel giorno, sapeva bene che non poteva costringerli a combattere una guerra in cui non credevano. Chi non combatte con la testa, prima che con il braccio, è un cadavere che cammina sul campo di battaglia. Ma Emeroth sapeva anche che quell'evento avrebbe portato con sé diverse conseguenze ed infatti dopo quel giorno altri clan lo abbandonarono. Il malcontento cominciò così a serpeggiare e con esso voci che evitavano accuratamente di arrivare alle orecchie del Re.
Re Emeroth confidava ancora di riuscire a mettersi in contatto col proprio fratello Ferdrad, ma Maleya, la giovane Tuatha che gli aveva promesso il suo aiuto nell'arduo compito di contattare il Signore dei Lupi, non si era più fatta viva...
Cumain intanto continua a seguire il Re, in silenzio, condividendo il destino dei Celti, esultando e disperando insieme a tutti gli altri. Ma ad Emeroth non è passato inosservato il suo ghigno sibillino, quell'espressione che Cumain assume quando crede di non essere notato da nessuno; l'espressione di chi sa di avere ancora una carta da giocare quando tutti gli altri giocatori hanno già consumato le loro migliori.


Tra le varie razzie dei Pitti è stato attaccato anche il Dun del suocero di Emeroth. L'attacco è stato poderoso: un numero eccezionale di Pitti sono calati con la loro ferocia abbattendo le palizzate senza risparmiare chi incontravano nel loro cammino. Alesaen stessa si è gettata in battaglia per difendere il cadavere del padre che stava per essere decapitato. Ed è stato un bene ed un male: colpita da un selvaggio è caduta a terra in un lago del proprio stesso sangue. Alesaen è svenuta ma grazie a questo è stata risparmiata da ulteriori violenze. Anche Dardan, il figlio albino di Emeroth, è stato risparmiato dalla razzia durante la quale però, gira voce, non abbia mai pianto. Alcuni dicono che nella sala di Dardan, proprio quando Alesaen cadeva a terra ferita, uno stormo di corvi si sia precipitato sui Pitti che saccheggiavano l'aula; nel turbinio di ali, il giovane Dardan era al centro del ciclone, silenzioso e tranquillo. I Pitti si spaventarono del cattivo presagio e udito il rumore del corno dei rinforzi dei Celti abbandonarono l'aula in fuga.
Alesaen venne scoperta ancora in vita e curata, ma la donna però è cambiata da quell'evento: ha perso molta della sua vitalità, ora piange spesso ed Emeroth sa già che girano voci che sua moglie stia perdendo il senno.

Maleya era tornata nella foresta con l'impegno di trovare il Re dei Lupi. La ragazza si era pentita della parola data: se suo padre fosse venuto a conoscenza della cosa non ne sarebbe stato felice, e poi tra uomini e tuatha non c'era mai stata pace, né un'alleanza. Come se non bastasse il Signore dei Lupi aveva reclamato come proprio un territorio dei tuatha e quindi non poteva considerarsi un amico del popolo fatato. L'impresa di Maleya era dunque difficile. Maleya aveva certato di scoprire qualcosa in più sul conto di Ferdrad in modo da trovare un modo per raggiungerlo; la ragazza ricorse così all'aiuto del cieco dell'albero cavo. L'albero dove vice il vecchio era gigantesco, straordinariamente vecchio e contorto. Spaccato alla base, il tronco si era diviso in due fusti che componevano un cavità simile ad una caverna dalla quale, addirittura, scorreva fuori un torrente. Grazie alla magia dei Tuatha quel luogo era diventato l'accesso alla casa del Vecchio cieco: le radici e il torrente si erano sposate per comporre scivolose nodosità arboree.
In questo luogo aveva trovato casa un vecchio dall'apparenza di un umano, non fosse stato per le sue orecchie a punta e le sei dita per mano.
Maleya pescò per il vecchio dei pesci, sapendo che il tuatha ne era estremamente ghiotto.
"Spero davvero che tu non abbia intenzione di incontrare il Re dei Lupi" disse il cieco leccandosi le mani "è pericoloso; cosa desideri da lui?"
"Dicono che sia un uomo..." azzardò Maleya.
"Si dicono molte cose su di lui: è una creatura controversa. Alcuni dicono che sia un lupo che ha rubato l'astuzia ad un uomo, altri invece dicono di lui che sia un uomo che, innamoratosi di una lupa, abbia deciso di abbandonare la sua umanità" poi il vecchio abbandonò i giri di parole e la sua voce si fece più seria "Maleya, il Re dei Lupi è ben più giovane di quanto non si pensi ed è figlio di un uomo che tu stessa hai incontrato".
"L'ho incontrato?" chiese stupita Maleya.
"Tuo zio lo conosce bene... chiedigli del suo mastro fabbro"
"Mastro Felab?" chiese Maleya ricordando a fatica il nome dell'umano con i quali gli elfi rispondevano agli ordini del loro mastro.
"Queste sono le origini del Re dei Lupi, ma dopo l'incontro con Dana ha abbandonato tutto".
"E cosa cerca? Cosa desidera?" ribatté Maleya.
"Non è l'ambizione a muoverlo, ma una paradossale ricerca: vuole indietro ciò che ha lasciato in pegno per diventare ciò che è ora. Non è semplice cambiare un uomo se questo conosce le sue orgini. Così per diventare il Re dei Lupi ha dimenticato la sua storia e il suo cuore ed ora... li rivuole".
"Chi gli ha sottratto tutto questo? Le Morrigan? Le Ninfe?"
"Certamente non Dana" rispose il vecchio cieco "Dana non avrebbe chiesto un pegno per accoglierlo nel suo grembo. Maleya, cosa hai in mente? Perché tutte queste domande?"
Maleya rimase in silenzio per un po', indecisa sul da farsi.
"Re Emeroth dei Celti mi ha chiesto di farlo conferire con lui".
Il vecchio cieco accolse la notizia con un silenzio stupito ma infine promise di non fare parola con nessuno di questa confidenza.
"Sarà un'impresa pericolosa Maleya: non corre buon sangue tra Dana e gli uomini; il viaggio che dovrete fare sarà davvero pericoloso: mi raccomando di fare attenzione".
"Emeroth dovrà fare attenzione! E poi, se davvero è dal bosco che giungono i nemici degli uomini... è bene che si confrontino".
"Ma tu avvertilo: rischia la vita a cercare suo fratello".
"Va bene, lo farò... ma tu sapresti come contattarlo?"
"Forse... forse. So come potresti avvicinarlo con l'inganno e tuo padre stesso potrebbe esserti utile: possiede una pelliccia di lupo che usa per assumere le sembianze stesse di un lupo".
Da questo colloquio sono passati svariati mesi: tante qestioni, molti ripensamenti, rischi e opportunità da valutare con cura.

Sunday, October 08, 2006

il re e il suo campione

Al giovane Mochta, ormai un ragazzotto di 12 anni, era stato affidato il compito di dirigersi verso Dun Mac Felab per farsi dare da Ronan il Fabbro ciò che Re Emeroth aveva promesso ad Olcan in segno di rinnovata amicizia. Il ragazzo giunse quindi al terminare dell'inverno presso la casa di Ronan, un tempo appartenuta allo stesso Felab.
Mochta riconobbe ovviamente Ronan: l'uomo era poco più maturo di Emeroth e per anni lui aveva abitato presso la casa della Madre delle Erbe. Il tempo però e il lavoro di fabbro avevano marcato Ronan più di quanto non fosse successo ad Emeroth. Il fabbro lo accolse con assai poco calore e quando Mochta gli rivelò il motivo della sua visita si fece ancora più freddo.
"E' facile fare i generosi col lavoro altrui" replicò stizzito Ronan ma non osò opporre il proprio rifiuto, quindi condusse Mochta nel retrobottega dove albergavano un certo numero di armi... gli scontri con i pitti si erano sicuramente trasformati in lavoro extra per il fabbro.
"Scegli la migliore delle mie armi" permise Ronan "se sei in grado di fare questa valutazione" aggiunse con un mezzo sorriso di sfida.
Mochta lo guardò con un moto di antipatia.
"Ma se me ne andrò con un'arma mediocre si spargerà la voce che il miglior lavoro del fabbro di questo Dun non sarà certamente all'altezza del suo predecessore" ritorse astutamente Mochta.
"Si pensi quello che vuoi: il pezzo più pregiato, per un guerriero mediocre come lo è Olcan, non potrà che essere che un'arma mediocre" e detto questo lasciò il giovane a scegliere da solo l'arma che avrebbe dovuto riconsegnare al suo padre adottivo.
Fatta la sua scelta Mochta portò l'arma a Ronan.
"Hai scelto la mia lama migliore" disse ovviamente il fabbro in tono neutro e la avvolse nel cuoio.
"Il Re ha detto che ti pagherà per la festa di Belthain, presentati quindi a Pratolungo per avere ciò che ti spetta".

La primavera giunge finalmente su Erin, interrompendo l'uggiosa stagione delle piogge e portando con sé la festa di Belthain. Pratolungo, di fronte all'Emain McFinn, si riempe così di roboanti celti convocati per i festeggiamenti e per i giochi che Emeroth Mac Felab aveva promesso durante l'inverno. L'aria è colma di spacconerie e gradasserie varie, in puro stile celtico. Ad aggiungere elettricità all'aria già piuttosto carica di eccitazione ci sono le voci dell'imminente duello tra il Re ed il suo Campione. Cumain, forte dei suoi occhi color del ghiaccio e la sua folta barba bionda, miete consensi tra molte donne ma anche tra i condottieri che lo giudicano un uomo forte, capace e tutto d'un pezzo. Solo coloro che lo conoscono meglio hanno notato che dal suo ritorno dal viaggio con Tanai talvolta il suo sguardo si incupisce e la sua espressione diventa indecifrabile. Cumain però non ha perso la sua baldanza e il suo piglio di condottiero.
Ai diversi giochi organizzati per la festa partecipa anche il giovane Mochta nel tentativo di far brillare la sua stella. Il ragazzo non riesce a riconoscere, nonostante gli gareggi contro nella prova di lancio delle accette, la giovane Maleya che, usando le sue abilità fatate, si è mascherata agli occhi dei presenti prendendo le sembianze di un giovane guerriero ancora imberbe. La ragazza ha sottratto le sue ascie da lancio ad un carro che si dirigeva alla festa ed ora si trova accanto a Mochta, divertita dal fatto che lui la guardi con una strana espressione sul volto ma che non riesca a riconoscerla.
La gara ha inizio ma Moctha non riesce a stare dietro a Maleya, l'abilità di quest'ultima è nettamente superiore e quando rimangono a gareggiare solo loro due, la ragazza batte il giovane piuttosto facilmente. Olcan è comunque orgoglioso del proprio figlio adottivo e va a complimentarsi con lui; mentre i due si allontanano dall'area di lancio Mochta si tormenta il labbro per quella sconfitta: avrebbe voltuto distinguersi maggiormente e poi il suo avversario aveva qualcosa che lo confondeva... anche se non capisce bene cosa.

Anche Tanai è tornato piuttosto cambiato dal suo viaggio nelle terre dei morti, ma non ha fatto parola con nessuno di quanto ha visto e vissuto in compagnia di Cumain. Il Campione del Re ha imposto la sua forza di volontà sul bardo che riflette pensoso sugli eventi di quei giorni. Il giorno del loro ritorno all'Emain, Cumain era sconvolto ma al tempo stesso elettrizzato dagli eventi che erano poche notti prima. I due giunsero a casa in concomitanza di una grande tempesta e Cumain si presentò al Re con un sicuro sguardo sornione stampato sul volto.
"Sono tornato, mio Re" disse Cumain sottolineando e strascicando le ultime due parole "con rinnovate forze".
Emeroth sorpreso, girò lo sguardo su Tanai che, colpevole non resse il confronto ed abbassò lo sguardo senza dire nulla. Emeroth non avrebbe voluto dare troppo peso alle parole del suo Campione ma questi, in vena di gesti plateali, si avvicinò al Re e gli porse la spada inchinandosi e pronunciando qualche parola altisonante. Emeroth, stizzito da questo comportamento che lo costringeva ad esporsi pubblicamente, accettò la spada di Cumain ma in un guizzo di astuzia la prese e la mise da parte.
"La tua spada ed i tuoi servizi sono accettati" disse quindi in tono di chi ritiene conclusa una questione.
Cumain rimase interdetto dal gesto ma molti lo interpretarono come un gesto di fiducia e non ebbero da ridire.
Ma per Emeroth la faccenda non era affatto chiusa e quando poté provò a cavare qualche informazione dal reticente Tanai. Intuendo che Cumain doveva aver avuto dei contatti o delle promesse dai Fir Bolg avvertì Tanai del monito che aveva ricevuto dalle Morrigan. Tanai sembra colpito dalle parole del Re ed infine trova solo il coraggio per dire con voce laconica che "Cumain ha trovato i suoi alleati".
"E faranno di lui ciò che vogliono" concluse stizzito Emeroth.
Riscuotendosi da questi pensieri ed aiutato a distrarsi dalla festa, Tanai riesce ad essere un po' più piacevole e di compagnia di quanto non sia riuscito ad essere nei mesi scorsi. Un uomo poco più giovane di Tanai, vestito di un mantello che lo individua certamente come un nobile, si presenta a Tanai porgendogli la mano ed un sorriso altezzoso. Tanai riconosce l'uomo solo quando questi si presenta col suo nome: è Scòlai, un bardo di discreta fama. I due, che si conoscono ovviamente per nome, non avevano mai avuto l'occasione di conoscersi prima.

Cumain sfoggia nuovamente il suo sorriso sornione di fronte ad Emeroth, nell'arena del combattimento. Non potendo disporre della sua spada, il guerriero combatte imbracciando una poderosa e pesantissima ascia in una mano e, legato all'altro braccio un robusto scudo. Emeroth invece gareggerà con la spada forgiatagli dal padre ed uno scudo di piccole dimensioni.
Mentre ancora Emeroth è impegnato ad allacciarsi lo scudo, Cumain si erge ed impugnando la sua coppa di vino propone il suo brindisi.
"Al popolo dei Celti" inneggia il Campione "per la loro lotta contro i Pitti. Non perdete la speranza fratelli perché le armi del Re vi proteggeranno: quelle che vedete ora e quelle che vedrete domani!". Poi alza la coppa e ne ingolla il contenuto in un solo fiato mentre un rivoletto di vino gli scorre sulla barba bionda.
"Alla pietra dei Re!" dice semplicemente Emeroth che ha capito bene a cosa si stia riferendo Cumain. Il messagio all'avversario è chiaro: "stai al tuo posto". Emeroth segue l'esempio di Cumain e beve dalla sua coppa.
Subito dopo ha inizio lo scontro e Cumain si getta contro il Re con una furia che lascia tutti quanti di stucco: chi si era aspettato un combattimento puramente dimostrativo è costretto a ricredersi: i due contendenti si gettano contro l'un l'altro con colpi che potrebbero spiccare la testa di un'avversario o dividerlo in due. Emeroth però è in affanno riesce a tenere a bada Cumain con estrema fatica ed il cerchio alla testa provocatogli dal vino non lo aiuta a focalizzare la sua attenzione sul combattimento.
Un colpo più violento dei precendenti costringe Emeroth a retrocedere vistosamente. Il Re vorrebbe approfittare della furia del suo avversario per farlo sbilanciare in avanti ma Cumain è scaltro e non si fa prendere in castagna, ma anzi con un calcio vorrebbe gettare Emeroth a terra. Contorcendosi disperatamente Emeroth riesce ad evitare di essere steso a terra ma un fischio alle orecchie e il dolore alla testa gli fanno sorgere un terribile sospetto.
"Cumain! Sei il solito traditore" sibila Emeroth sovrastato dal clamore generale.
Cumain lo guarda ghignando di soddisfazione.
"Uccidimi ora se ci riesci perché da oggi non avrò scrupoli ad usare i tuoi stessi mezzi" termina Emeroth gettandosi contro l'avversario con rinnovato vigore alimentato dall'ira. Cumain sembra spiazzato ed un colpo della terribile lama di Emeroth gli manda in frantumi lo scudo.
"Questa te la renderò volentieri" risponde Cumain con gli occhi iniettati di sangue e riprende il controllo del combattimento facendo cadere un colpo di ascia violentissimo contro lo scudo di Emeroth. Il Re barcolla per il dolore al braccio e le gambe che lo reggono a fatica.
"Sconfitto?" lo provoca Cumain ma Emeroth solleva uno sguardo carico d'odio contro di lui, pronto a continuare. Gli spettatori intanto hanno smesso di urlare, sono colpiti dalla violenza dello scontro e non sanno bene cosa pensare.
"Non si fermerà!" comprende infine Tanai preoccupato per l'amico. "Piuttosto che piegarsi a Cumain preferisce morire".
Il bardo entra quindi con passo sicuro dentro l'arena e si frappone tra i due contendenti.
"Basta! Emeroth non può continuare a combattere. Proclamo che la vittoria di questo scontro va a Cumain".
Per un attimo si sente solo l'ansimare dei guerrieri poi la gente esplode in un'acclamazione. Cumain si avvicina ad Emeroth per porgergli la mano ma, fortunatamente, prima che Emeroth possa reagire i due vengono separati dalla folla acclamante.
"Mi ha drogato il vino!" ringhia Emeroth a Tanai.

Quella sera Maleya approfitta del banchetto di Belthain per avvicinarsi ad Emeroth. Il Re è incupito e ancora dolorante per il veleno e le contusioni; vorrebbe evitare di presiedere i festeggiamenti ma è costretto a stare al suo posto dalle sue responsabilità.
"Non sembravi a posto durante il combattimento" esordisce Maleya, sempre travestita da guerriero celta.
"Tutto bene ragazzo, solo non ero completamente me stesso..." lo scaccia Emeroth.
"Ed allora tieniti i tuoi segreti, Re dei Celti" sbuffa Maleya e quell'insolenza solleva il velo dell'incantesimo che confonde la vista di Emeroth.
"Sei tu!" dice quindi Emeroth "Bene! Perché ho bisogno dei tuoi servigi, devi portarmi da mio fratello".
"E chi sarebbe tuo fratello?" domanda sorpresa Maleya.
"Lui... è il Re dei Lupi"
Maleya è basita dalla rivelazione: il Signore dei Lupi è il fratello di Emeroth! Il lupo che disdegna di allearsi con gli altri poteri che lo circondano è imparentato con gli uomini, questa non è una rivelazione da poco.
"Siete in buoni rapporti? Non sarà facile avvicinarlo" avverte Maleya.
"Hai ragione, ma devo tentare".

Sunday, October 01, 2006

un nuovo tradimento

Il cielo è buio sopra Tanai. Le nuvole spesse e cariche di pioggia offuscano la luce della luna e la notte senza lumi è estremamente buia. Le rocce mandano scricchiolii inquietanti, cupi rumori provengono dalla terra martoriata dalle cavità innaturali, alcune pietre si frantumano. Tanai suda freddo mentre Cumain, vicino a lui, osserva esaltato il risultato della sua invocazione ai vermi della terra.
"Ammira i nostri alleati contro i Pitti" dice Cumain "Ho fatto di noi due degli eroi Tanai, te ne rendi conto?" poi il guerriero avvicina la pietra al bardo, per fargliela vedere: la pietra emana calore a causa del potere che sta sprigionando. L'aria si riempe di bisbigli e il loro tono astioso non è per nulla rassicurante.
"Al mio cospetto!" ordina Cumain e al suo comando si ode il rumore di una voragine che si apre nella terra, provocando un piccolo terremoto. Qualcosa striscia tra le cavità della terra, ma il buio pesto impedisce di comprendere cosa stia avvenendo. Una voce formata da molti timbri si alza, impastata, come se non parlasse da tempo.
"La pietra è nostra, ladri! Apparitiene ai nostri Dei! Ladri!"
Cumain è intimidito, non si aspettava questa risposta, già pensava di avere in pugno la situazione.
"Dove hai preso questa pietra?" lo inquisisce Tanai, anche se conosce già la risposta.
"Tu e Cathbad ci avete mandato a cercarla, bardo! Credi forse che non abbia capito che non era il calderone il nostro vero obiettivo? Quello stupido di Emeroth si è fidato della ragazzina tuatha, ma io ho capito ciò che davvero conta e l'ho recuperata. La Pietra dei Re ha scelto Emeroth ma si è sbagliata: io ho il coraggio di esercitare il nostro dominio ed ora, rinnovando la nostra alleanza col popolo sconfitto dei Fir Bolg, avremo successo nella nostra guerra"
Cumain solleva quindi la pietra e si volta verso la fenditura "Noi dominiamo su di loro e loro ci devono servire!" urla poi invasato con tutta la rabbia che ha in corpo.
"Fai silenzio, sciocco" lo apostrofa Tanai "questi esseri non saranno mai tuoi servi, alleati forse.. ma a che prezzo?"
"Andranno bene anche come alleati, non cambierà il fatto che schiacceremo i Pitti"
Un nuovo terremoto scuote la terra.
"Riconsegnaci la pietra che ci appartiene" reclamano i Fir Bolg "ce l'avete sottratta con l'inganno".
"La pietra vi sarà restituita" promette Tanai mentre Cumain lo guarda sconcertato "ma vi sarà chiesto un pegno in cambio.. poi potrete tornare sotto terra, in pace".
"Voi non uscirete vivi da questa valle" ghigna la creatura mentre un cupo borbottio come di risata gli scuote la voce "a voi sta solo di scegliere tra quante sofferenze"
Le pietre ciottolano ed il rumore si fa quasi assordante.
"Cumain! E' questo il potere che credevi di esercitare?" ritorce Tanai al suo compagno.
"Indietro!" ordina Cumain alzando la pietra sopra la testa, ma la sua voce si perde nel frastuono. Una nuova scossa di terremoto, più forte delle precedenti, fa perdere l'equilibrio a Cumain che cade a pochi centimetri da una delle voragini. Tanai raccoglie la pietra prima che questa possa finire nella fenditura. Cumain, terrorizzato, colpisce qualcosa con un calcio ma Tanai non riesce a vedere cosa sia.
"Druido! Fa qualcosa!" urla Tanai con una voce resa stridula dal terrore.
"Ridacci la pietra e forse ti lasceremo andare" esigono i Fir Bolg.
"Basta!" prova ad imporsi Tanai "Non attirate la mia collera".
Un raggio di luce lunare si fa strada nella fitta coltre di nubi ed illumina le creature: orribili ed emaciate, deformi resti di esseri umani che hanno perso le loro fattezze. I Fir Bolg colpiti dalla luce si ritraggono spaventati.
"Sei solo un druido presuntuoso" mormorano le creature risentite e spaventate da quella dimostrazione di potere "cosa vuoi da noi? Riconsegnaci la pietra".
Cumain riprende baldanza e si rialza in piedi osservando soddisfatto il suo compagno.
"Bravo druido, ora ridammela: sono io che devo condurli in battaglia" dice Cumain allungando una mano
"Ora non è il momento di condurre nessuna battaglia" si oppone Tanai.
"Non sei tu il Re che decide" ghigna Cumain avvicinandosi minaccioso, ergendosi in tutta la sua statura.
"Non è il loro doestino; lasciali in pace" Tanai è spaventato, si rende conto che Cumain non esiterebbe ad ucciderlo pur di arrivare al proprio obiettivo.
"Consegna la pietra al tuo Re!" esige infine Cumain.
Tanai è intimidito dall'imperiosità di Cumain e prima che possa reagire a quella provocazione Cumain è su di lui e lo getta a terra, poi con la forza, gli strappa la pietra di mano e si volta vittorioso.

Emeroth è estremamente silenzioso ed è impossibile notarlo. Mancano poche ore all'arrivo all'Emain McFinn e le familiari colline di casa sono già all'orizzonte. Seppure molti abbiano apprezzato il piglio sicuro di Emeroth c'è anche chi mormora contro di lui, contrariato per aver dovuto passare l'inverno al suo servizio e dalla prospettiva di dover tornare per Belthaine.
Tutti interpretano il silenzio di Emeroth come una pausa di riflessione: credono che il Re stia valutando il risultato del suo viaggio, in realtà il Re sta pensando ai suoi familiari, al rischio che corrono o che stanno correndo, a cosa comporterà il patto che ha stretto con le Morrigan...
Ma Emeroth sa di non potersi lasciare andare alle preoccupazioni, sa di dover mostrare di avere la situazione sotto controllo. Quando si arriva in prossimità dell'Emain, prima di sciogliere l'esercito, il Re annuncia che a Belthain, presso Pratolungo, si svolgeranno i giochi e da quelli lui capirà chi saranno i più capaci e meritevoli di guidare l'esercito.

Anche Mochta deve ripartire con il suo signore Olkan, ma prima approfitta per andare a trovare Rhian. Quando arriva presso la sua capanna la guaritrice l'accoglie con tenerezza ma è chiaro che qualcosa la turba. I due si salutano calorosamente ma dopo aver assolto ai riti dell'ospitalità Rhian congeda Mochta senza dargli troppo spazio. Mochta però non accenna ad andarsene e si avvicina al bimbo di Rhian che sta giocando per terra.
"Abbiamo qualcosa in comune io e te, piccolo Siollam... non sappiamo chi sia nostro padre" la frecciata giunge alle orecchie di Rhian che ne rimane molto turbata e trattiene le lacrime a stento.
"Già, e se continua così non so quando lo vedrà..."
"Glielo dirai vero? Gli dirai chi è suo padre?" domanda Mochta e con quella domanda si augura anche che Rhian risponda anche a lui, svelandogli il segreto che Feilhelm gli aveva promesso di rivelargli.
"E' ancora presto" risponde Rhian, poi si avvicina al piccolo e gli taglia una ciocca di capelli. Rhian annoda la ciocca e poi la porge a Mochta "Tieni" gli dice consegnadogliela "lascia un capello nelle foreste che attraverserai e vedremo se suo padre risponderà almeno a questo richiamo".

Olkan prende congedo da Emeroth insieme alla sua famiglia. Il Re vede arrivare anche Mochta ed accoglie il clan con estrema cordialità. Olkan è misurato ma non intende offendere l'amicizia del Re.
"Vedo che ancora porti con te lo scudo di tuo padre" interloquisce Emeroth.
"Sì è così! E' un'oggetto notevole" risponde semplicemente Olkan.
"Mio padre era un'ottimo fabbro. Ed ora è venuto il momento di rinsaldare la nostra amicizia ed il legame tra le nostre famiglie. Tu hai adottato Mochta, che mia sorella ha cresciuto ed anche io te ne sono riconoscente. Ti chiedo dunque di passare dal Dun di mio padre e di verificare che il nuovo fabbro sia alla sua altezza: potrai scegliere l'arma che preferisci, la più bella a tuo giudizio, ed io salderò questo debito".
Olkan è impressionato, si volta verso la sua famiglia perché non si aspettava tanta generosità dal Re ed infine lo ringrazia porgendogli il braccio.
"Ti sono riconoscente per la tua generosità!" ed una nota di imbarazzo colora la sua voce.