Thursday, May 25, 2006

primo sangue!

Emeroth si muove guardingo dietro ad un cespuglio che lo cela allo sguardo nemico: poco lontanto da lui, radunati intorno ad un fuoco, vi è un folto gruppo di guerrieri pitti. Alti, semi-nudi, con la pelle dipinta di blu, stanno ascoltando le parole di uno dei loro capi che evidentemente li sta istruendo sulla prossima razzia che compiranno.
"Saranno più di un centinaio!" sibila Cumain all'orecchio di Emeroth.
"E se riusciamo a coglierli di sorpresa saranno un'ottima preda per i guerrieri di Connor" conferma Emeroth all'alleato. I due scout si soffermano ancora qualche minuto per fare le loro valutazioni poi, una volta soddisfatti, si ritirano per andare a riferire quanto scoperto. Emeroth, è oramai un uomo di 24 anni dalle braccia forti e robuste, lo sguardo volitivo rivela la sua testardaggine. Molti sono i tratti che lo accomunano al suo scomparso padre tra i quali il carattere ruvido e diretto. La sua testardaggine lo portò, quasi dieci anni or sono, a disdegnare il posto di guerriero del Ramo Rosso per un diverbio con Connor e Fergus riguardo la Caccia al Cinghiale Bianco. E a causa dell'affronto subìto Emeroth ha preferito il ruolo di semplice allevatore nel Dun del padre piuttosto che quello di un nobile guerriero del Re. Solo recentemente, grazie alla pubblica ammissione di Fergus, Emeroth ha deciso di ritornare sui suoi passi. Emeroth è uno che non dimentica. Ed infatti non dimentica neppure che l'uomo che ha accanto a sé, il cugino del Re, noto anche come "Occhi di ghiaccio", proprio dieci anni fa, cercò di convincerlo a tramare contro Connor, ritenuto un Re troppo lasso per meritare la fiducia del popolo.
"Allora Cumain, alla fine hai deciso che Connor valeva la tua fedeltà?" lo pungola Emeroth mentre i due si allontanano dall'accampento dei Pitti. Cumain, nel sentirsi rivolgere queste parole rimane sorpreso, si fa più freddo e si mostra offeso, ma il tentativo di far valere il suo grado di parentela con il Re non sono sufficienti a convincere Emeroth: Cumain non stima Connor e questo traspare dalle sue parole.

In questo periodo il Dun di Emeroth è molto frequentato. Molti guerrieri si rivolgono a Ronan il Fabbro per ottenere spade e scudi, punte di freccia e lancia, bardature e ferri per i cavalli. Ronan, divenuto anch'egli un'ottimo fabbro e degno successore di mastro Felab, lavora duramente e a fatica riesce a star dietro alle moltissime richieste che pervengono dai Dun vicini e lontani. Il giovanissimo Mochta è eccitato ed incuriosito da tutto questo viavai e spesso si infila tra gli affari dei guerrieri per poter poi attaccare bottone e conoscere le storie di costoro. Qualcuno, nonostante tutto, gli dà anche spago e tra questi, un giorno capita anche Odran. L'uomo è una vecchia conoscenza del Dun perché prima di scomparire mastro Felab forgiò per lui uno scudo di fattura pregiatissima sul quale spiccano due cani avvinghiati in lotta. Il figlio di Odran, Olkann, si recò al Dun per ritirare l'artefatto. Odran mostra lo scudo al piccolo e gli rivela di essere venuto per commissionare a Ronan altro lavoro. Dopo quella commessa ne seguirono, anche per amicizia, molte altre portate a termine da Ronan.
"La mia nonna dice che Ronan non è bravo quanto mastro Felab" dice senza troppa malizia il piccolo Moctha ma l'anziano Odran non pare troppo preoccupato da tanta sincerità. I due continuano a parlare per un po', Odran pare interessato al giovane che riesce a tenere il passo della conversazione.
"Chi è tuo padre?" si informa Odran.
"Mio padre si chiama Breasal" risponde Mochta che ha inventato un nome di fantasia per il padre che non ha mai conosciuto ma di cui ha sempre cercato di scoprire qualcosa da Feilhelm. L'anziana donna infatti non gli ha mai voluto rivelare molto al riguardo, se non che il padre è un grande guerriero che combatte in terre lontane e che la madre l'ha seguito per assisterlo. Alle insistenze di Mochta di conoscere l'identità dei genitori, Feilhelm si è sempre opposta seccamente, facendo valere la sua autorità ed ostinadosi a rispondere che gliele avrebbe rivelate solo quando avesse compiuto i 14 anni. Odran, scoperto che Mochta è attualmente sotto la tutela della madre delle erbe,
si presenta alla donna per chiedere di parlare con il padre. Feilhelm gli fa capire che la cosa non è possibile ma che può rivolgersi a lei.
"Il minore dei miei figli è rimasto senza scudiero ed ho bisogno di un giovane capace di ricoprire questo ruolo. Vorrei chiedere al padre di Mochta di affidarmi la sua educazione". Mochta nel sentire la proposta trattiene a stento l'entusiasmo: da quando Emeroth è partito per servire il Re il ragazzo si sente in gabbia al Dun e poi
potrà vedere Connor in persona! Feilhelm invece è indecisa sul da farsi: sa bene che il tempo perché Mochta prenda la propria strada è giunto ma non sa bene come comportarsi; forse dovrebbe semplicemente riportare il giovane dal Re, ma al suo orecchio sono giunte le voci che Lonan il mastino è sempre al fianco di Connor. Se il Re
avesse voluto rivedere suo figlio egli stesso avrebbe potuto venire a prenderselo: la regina Ide sa bene in quali mani è stato affidato l'erede del Re.
Feilhelm prende in disparte Odran e i due discutono a lungo consigliandosi anche con Rhian (ormai quasi al termine della sua gravidanza).
"E sia!" concede infine Feilhelm "Spero che riusciate a insegnargli più disciplina di quanto non siamo riuscite noi ma mi raccomando: Mochta è ancora giovane per partecipare ad una battaglia". Ormai è deciso: all'indomani Mochta partirà con la famiglia di Odran come scudiero.
"Un ultima cosa Odran... se Moctha cominciasse a parlare di suo padre non assecondatelo troppo. L'uomo... è come se fosse morto".

"Quanti sono?" domanda Fergus
"Centocinquanta, forse duecento" risponde Emeroth riflettendoci sù.
"Allora possiamo certamente attaccarli".
"Dovremo mettere in conto molte perdite... ma d'altronde non è lo scontro aperto che stiamo cercando?"
"Sì! E stavolta abbiamo anche il vantaggio della sorpresa. I Pitti non sospettano che abbiamo individuato il loro accampamento. Li disperderemo domattina all'alba; non possiamo perdere quest'occasione. Tu e Cumain li attaccherete da ovest, noi da est. Li stringeremo con mossa a tenaglia e dobbiamo evitare assolutamente che abbiano l'occasione per organizzarsi".
"Obbedisco" risponde piattamente Emeroth e detto questa fa per andarsene dalla tenda di Fergus, ma la risposta non piace al vecchio guerriero, che vi legge (ed a ragione) un astio che da troppo tempo sta avvelendando i rapporti di Emeroth con la famiglia del Re.
"Emeroth, aspetta. Prima della fine della settimana ci riuniremo a Re Connor, di fronte a molte altri clan e guerrieri. Vorrei assicurarmi del fatto che la tua scelta di ritornare nel Ramo Rosso, al servizio di Re Connor, sia definitiva...".
Emeroth ritorna così al momento in cui, qualche settimana fa, ha reincontrato Re Connor dopo lunghi anni.
Il Re fu felice di rivederlo e lo accolse calorosamente aprendogli le braccia come ad un figlio. Emeroth però non riuscì a non provare imbarazzo in quella situazione: dieci anni prima era un giovane ragazzetto il cui nome era già sulla bocca di tutti. Nessuno avrebbe mai dubitato che il figlioccio del Re, istruito dal Maestro del Ramo Rosso in persona, potesse avere anche poco meno di un futuro brillante; ora invece era un uomo dal volto e le mani segnate dall'umile lavoro dell'allevatore di bestiame. Intorno a lui si levarano parecchi mormorii: pochi ricordavano il suo nome e nessuno tra questi l'avrebbe riconosciuto al solo vederlo. Un moto di stizza ebbe la meglio su di lui.
"I servigi di questo umile vaccaro sono a tua disposizione Re Connor".
La voce di Connor si fece molto seria: "Non ho bisogno di un vaccaro Emeroth. I tuoi fratelli del Ramo Rosso ti attendono, spero che stasera stessa vorrai rivestire di nuovo il tuo mantello".
"Io ho già un mantello" rispose seriamente Emeroth alludendo alla pelle del Cinghiale Bianco.
"Vero... spero tu abbia apprezzato" Connor comprese subito della distanza che ancora lo separava da quel figlio "Abbiamo poco tempo per recuperare gli anni passati Emeroth. Spero mi basti il tempo che ancora mi è concesso...".
"Sono al tuo servizio, mio Re" risponde neutro Emeroth.

In una fresca notte di primavera inoltrata, carica degli odori delle nuove fioriture, Emeroth da una parte e Tanai da un'altra sono entrambi pronti a dare battaglia all'ignaro insediamento di Pitti poco distante. L'attacco dovrà essere una sorpresa quindi, fino all'ultimo momento, è necessaria cautela. L'attacco è deciso per l'alba.
Il sangue pulsa forte nelle vene di Tanai che, nonostante non riveli nulla all'esterno e piuttosto nervoso: ha deciso infatti di prendere parte alla battaglia per quanto egli non sia abile quanto i guerrieri che lo circondano. Di tutt'altro tipo invece sono i sentimenti di Emeroth che freme per la sete di battaglia, per poter dimostrare nuovamente a tutti quanto egli sia capace. Al fianco gli pende leggera ed elegante "Alfalas", la spada che suo padre ha forgiato per lui.
Il sottile spicchio di sole che taglia l'orizzonte è il segnale e pochi istanti dopo quanto era pace e tranquillità si trasforma in un'inferno: i Celti calano sull'accampamento con urla che risvegliano bruscamente i loro nemici che però non hanno il tempo di difendersi. Le prime vittime vengono mietute mentre ancora cercano di capire cosa stia accadendo intorno a loro; i pitti però sono avversari temibili e in poco tempo riescono ad organizzarsi quel tanto che basta per presentare una difesa più che accettabile. Tanai si trova con il gruppo di Fergus e attorno a lui scorrono sangue ed urla, tutto è estremamente veloce e confuso ma il bardo trattiene l'orrore e cerca di tornare con la mente ai racconti di gloria che spesso ha raccontanto rievocando le epiche battaglie dei suoi antenati; presto però un nemico gli si fa innanzi: è un'enorme combattente che, appena trapassato il corpo di un compagno di Tanai si rivolge a lui con gli occhi iniettati di sangue; Tanai fa un passo indietra ma subito è raggiunto da un colpo violentissimo alla spalla che gli spezza la clavicola e lo prostra a terra. Non fosse stato per il tempestivo intervento di Fergus il bardo non avrebbe potuto raccontare a nessuno la sua avventura: ma il vecchio maestro d'armi ingaggia battaglia con il pitto distraendolo...
Oramai poco lontano si trova Emeroth a capo di un piccolo gruppo di celti che hanno fatto terra bruciata intorno a loro. Emeroth, fattosi spavaldo dalla riuscita della sua missione, ma sopratutto ancora assetato di gloria ed onore decide di abbandonare il suo gruppo per spingersi solitario in mezzo all'accampamento nemico. Dopo poco ha pane per i suoi denti e si trova a combattere contro tre avversarsi! Emeroth fa sibilare la sua lama che penetra efficacemente nelle carni dei nemici. Ma nonostante la sua bravura, tre avversari sono comunque troppi per chiunque e uno dei tre, mentre Emeroth attacca gli altri lasciando un fianco scoperto, arriva a piantare la sua lancia sul fianco del celta. Trafitto, Emeroth, cade in ginocchio a terra gravemente ferito; Emeroth ha comunque la prontezza di spirito di trattenere la lancia nella ferita per evitare che l'avversario, tentando di estrarla, lo ferisca a morte. Le forze però lo stanno abbandonando e gli occhi vacillano... ma prima che il pitto possa effettivamente finirlo, arriva di nuovo Fergus che, con un colpo di accetta, apre la gola al nemico, salvando la vita del suo vecchio pupillo.