Thursday, January 25, 2007

l'ospitalità e le prove

‘‘Finalmente ecco il villaggio degli uomini’’ pensa Maleya vedendo il profilo delle staccionata del Dun. Fuori le guardie di sentinella la fermano senza tanti complimenti, riconoscendola come uno spirito, ma per fortuna riesce a far chiamare Tanai, che ha sentito parlare di lei dal Re e che la fa entrare.
Il Dun è molto più desolato di come se lo ricordava, naturalmente, e non c’è il Re a cui chiedere ospitalità. Molti la guardano male, e più di tutti lo zio di Olcan, il guercio. Solo un altro intervento di Tanai la tiene al sicuro per un po’: «A nessuno sia mai rifiutata ospitalità per un giorno e una notte».
‘‘Un po’ poco, col freddo che fa fuori’’ pensa Maleya, ma se lo tiene per sé.

Entra una signora, con dei panni da bollire nel pentolone accanto al fuoco: «Una donna – afferma gentile ma decisa guardando la nuova arrivata – Ci potrebbe far comodo»
«Ti aiuto volentieri. Cosa posso fare?» le risponde pronta Maleya.
«Aspetta che i panni siano bolliti, non farli bruciare e poi portameli di là, così io posso tornare subito al parto di Oria»
Quando i panni sono pronti la fata va a raggiungere le altre donne, in una casa dove tutte (e sole) le donne del villaggio sono radunate attorno ad Oria. E’ la moglie di Gerban l’araldo, ed è nel bel mezzo di un travaglio che sembra molto doloroso.
«Grazie dei panni – la accoglie la donna – Io sono Rhian»
«Sì, ti conosco, sei la ragazza di Niallham. Ma sei invecchiata un sacco! Io comunque sono Maleya» la ragazza fata non si accorge neanche di essere stata scortese, e Rhian ha in effetti ben altro a cui pensare. Senza prestare attenzione alla strana nuova arrivata Rhian continua imperterrita il suo lavoro di levatrice: «Il cordone è arrotolato intorno al collo. Fate tutte vedere le mani… Tu – dice indicando Maleya – tu hai le mani più piccole: mettile dentro, trova la testa e il cordone. Datti una sciacquata, prima».
Superata la sorpresa, e anche un po’ il disgusto iniziali, Maleya non si tira indietro: Oria soffre un po’, ma la fata trova il cordone e lo srotola. Dopo ogni cosa si aggiusta, e il parto va per il meglio, e la notizia viene portata agli uomini tra le esultazioni generali, e i complimenti a Gerban.
Intanto Rhian, nella casa delle donne ringrazia Maleya «Sei stata fondamentale», stando ben attenta a farsi sentire da tutte le altre. Le donne annuiscono tutte, ed ora Maleya è certa che il Dun le offrirà ospitalità ben più di ‘‘un giorno e una notte’’.

Ora che la situazione è calma molte donne le rivolgono sorrisi: «Sembri intirizzita e, senza offesa, piuttosto lercia. Un bel bagno caldo è quel che ti ci vuole». Le preparano un bagno in una tinozza e insistono perché si spogli. ‘‘Non posso se restate anche voi a guardarmi’’ vorrebbe poter dir loro Maleya, ma sa che parlare dei propri Geasa porta quasi altrettanto male che romperli. Rimanare a far il bagno con qualcosa addosso senza passare per matta non è così semplice («Così si lava anche l'abito, si fa prima, no?»), ma in qualche modo riesce a cavarsela senza offendere nessuna.

Emertoth è nudo nella tempesta. Il guerriero lo invita a seguirlo, ma subito Emeroth lo perde di vista. Lo cerca, e trova qualcuno, anzi trova qualcosa: una pietra gli ferisce le mani. «Ben fatto» annuisce il guerriero. «Chi sei?» vorrebbe chiedergli Emeroth, ma già il Celta non c’è più e il Re è in bilico sull’orlo di un cornicione. Fa un passo volutamente nel vuoto, lasciandosi cadere. Cade come se ci fosse dell’acqua, e c’è la donna ad attenderlo e ad attirarlo a sé. La colpisce per allonarla.

«Devi superare ancora due prove» la voce del guerriero è l’ultima cosa che sente prima di svegliarsi di soprassalto. Suo fratello Ferdrad si sta prendendo cura di lui, con delle pezze bagnate: «Devi capire i tuoi sogni. E’ importante, fratello. Posso portarti da chi potrà aiutarti, ma non è un alleato, né mi deve un favore. Dovrai dargli qualcosa in cambio». Emeroth accetta, anche perché da solo non riesce proprio a dare un senso a ciò che sogna. ‘‘Forse è destino che non superi le prove’’ gli viene da pensare, e questo dubbio pesa come un macigno in tutto ciò che fa.

Vista la prolungata assenza del Re, Maleya si decide a parlare con Tanai, che è quello che più le sembra in carica: «Dobbiamo trovare Dana, voi uomini… cioè noi… insomma!». Nell’ascoltarla Tanai ha come una visione: per un attimo lei gli ha ricordato Connor… ma perché mai? Maleya non se ne accorge e continua a raccontare delle fate, del terribile momento che stanno vivendo. Resta sul vago solo sull’esatta natura dei loro attuali nemici, il popolo non seelie, di cui non cita neanche il nome.

Thursday, January 18, 2007

incubi e rivelazioni

Maleya accompagna il padre, in missione con il cortigiano Lavai; i due tuatha sono a malapena riconoscibili, invecchiati e rugosi, ombre di sé stessi. In particolare Lavai sembra stare in piedi per pura forza di volontà, peraltro quasi tutta derivante dal Cacciatore: «Sei il mio servitore, non mi puoi abbandonare».
Lein il Cacciatore sta visitando tutti i suoi fedeli che stanno lasciando il suo regno. Arrivati ad un ruscello che si incunea in una spaccatura Lein si annuncia ad alta voce «Kier, sono giunto, sono il tuo Signore»
«Cosa vuoi? – la voce in risposta è fioca, e proviene da un albero – Lasciami in pace»
Maleya si ricorda di Kier, era il Guardiacaccia di suo padre, un tuatha deciso, gioviale e pungente. Ora è ridotto ad essere un vecchio albero nodoso.
«E’ così che accogli un vecchio amico? – riprende Lein – Il tuo Signore?»
«Lasciami in pace... Dana soccombe, non c’è speranza per noi».
Maleya si intromette: «E’ solo un ciclo, Dana tornerà. Come sempre».
Il Cacciatore fa le presentazioni, più che altro per formalità: «Conosci mia figlia, Kier? E’ molto tempo che non la vedi, mi pare» e l’Albero si fa pochi scrupoli a rispondere «Non è tua figlia, lo sai bene.»
A Maleya si rizzano i peli sulla nuca, ma non è tempo di pensare a questo ora: suo padre, stizzito, se ne sta andando, lasciando Kier al suo destino. Lo richiama indietro, chiedendogli di aspettarla, e poi si rivolge lei stessa all’Albero:
«Tre anni di inverno, cosa saranno mai per te che ne hai visti 100 e più di 100?»
«Non temo ciò che è stato ma ciò che sarà: Dana è morta. E tu non sei una di noi, non sei Figlia di Dana perciò non puoi parlare per lei. Già da prima soccombeva agli uomini, ora è morta e non risorgerà più»
«Forse gli uomini la combattevano, ma ora faranno bene a cercarla anche loro, o moriranno come noi» «Ah – la deride Kier – e sarai tu ad andarglielo a dire?»
«Sì! Perché no? E tu hai il coraggio di accompagnarmi?»
«Non posso – si lamenta l’Albero – questa è la tomba che ho scelto per me» ma quando padre e figlia se ne vanno l’Albero sembra pensieroso.

Solo e nudo, braccato al buio, Emeroth fugge senza più respiro coi polmoni che gli esplodono. E’ riuscito a seminarlo? No, un’ombra si muove dietro di lui. Corre, scappa, la morte è a un passo, si volta, solo un istante prima di essere raggiunto e ucciso, ma mette un piede in fallo e cade da un precipizio.

Emeroth si sveglia urlando. Ormai gli succede da molte notti, è sistematico. E’ confuso, non sa dove cercare le risposte a delle domande che non conosce. Basta: è ora di cercare suo fratello, tra i lupi Figli di Dana. Non ha mai osato indossare la pelliccia quando era ancora in forze, e si chiede se non sia una pazzia tentare adesso, ma non vede altre strade.
Si confida solo con Tanai, il suo fidato Bardo, gli lascia un testamento orale e parte, non visto nella notte, scavalcando la finestra come un ladro.
«Lo aspetteremo un mese e un giorno» fa Tanai agli uomini del Dun preoccupati dell’assenza del Re. E’ chiaro che ora tutti contano sul Bardo.

Da lupo si sta piuttosto bene: la pelliccia è calda e i pensieri sono più leggeri e meno preoccupanti. Le cacce però sono ben magre. Giorni e notti scorrono senza posa: almeno gli incubi hanno smesso di tormentarlo. Si dirige verso dove, a suo tempo, gli aveva indicato Maleya, e non fa fatica a trovare la strada, né tanto meno a capire di essere arrivato nel posto giusto. La sua essenza di lupo non può ingannarlo: è nel Regno di suo fratello ora, e qualcuno lo sta già tenendo d’occhio.
Un lupo grigio esce dalle tenebre, guardandolo come se fosse l’ultimo cucciolo della cucciolata
«Che vuoi straniero? Non sei benvenuto qui, nel nostro territorio».
Emeroth cerca di essere amichevole, ma l’altro insiste con fare minaccioso: «Non mi hai capito? Vattene!». Ad Emeroth non resta che caricarlo a testa bassa.
Si fanno male a vicenda, ma prima che possano continuare a ferirsi interviene una voce autorevole «Nuddel, basta». Il lupo grigio si ritira, scoccando comunque uno sguardo minaccioso ad Emeroth. Il Signore dei Lupi è evidentemente Ferdrad, e riconosce suo fratello senza esitazione:
«Emeroth, sei... inaspettato»
«Sono tempi duri» gli risponde il Re degli uomini.
«E’ vero, ma non per colpa nostra... Comunque sei mio ospite»

«Maleya, fammi compagnia in un brindisi». E’ la prima volta che suo padre le rivolge un invito del genere. Sono di nuovo entrambi a casa, riparati al sicuro, o almeno abbastanza al sicuro. Lein spiega a sua figlia che la notte è più pericolosa che mai, fuori, perché ormai regna la Corte Non-Seelie, con il loro rancore e i loro propositi di vendetta. Molto tempo addietro le Fate fecero un consiglio e decisero di accettare Dana come loro Signora e Protettrice, contro gli uomini che stavano avendo la meglio. Ma un gruppo invece si rifiutò di servire Dana, e fu esiliato, costretto all’oscurità e all’isolamento. Divennero la Corte Unseelie. Con l’indebolimento di Dana sono tornati, dopo tutti questi anni, e ora si raccolgono attorno ad un nuovo capo, Kailte, che è spuntato dal nulla e di cui non si conosce il passato.
«Ma sto divagando, non è vero?» sussurra Lein, prendendo un altro sorso dal bicchiere
«Sai – continua – Se tu fossi mia figlia sarei molto fiero di te»
Maleya è scioccata. Lo sapeva. L’aveva sempre saputo. Ma saperlo davvero è un’altra cosa.
«Mi devi dire tutto – lo interrompe con gli occhi lucidi – ma prima che cominci io voglio farti sapere due cose: sono molto orgogliosa di essere TUA figlia e TU sei mio padre, al di là di ogni cosa e al di là di ogni vincolo di sangue»
In una scena piuttosto commovente il Cacciatore rivela a Maleya che ella è figlia di Connor Mc Finn, defunto Re degli Uomini, sottratta con l’inganno per rivalsa verso gli umani.
«Maleya, devi andare via da qui, devi tornare dai tuoi fratelli. Non posso tenere difesa questa dimora contro l’inverno e contro gli Unseelie se non per qualche luna ancora. E tu già sapevi di dover andare, o non avresti parlato in quel modo a Kier»
«Allora andrò – risponde la ragazza, ormai donna – ma ti prometto che tornerò in forze, con Dana in persona se necessario. Che non ti lascerò alla corte Unseelie. Un brindisi a Connor Mc Finn, Re degli uomini, e a Lein il Cacciatore, mio padre»

Intanto Emeroth parla col fratello Ferdrad. Cerca un’alleanza per una guerra aperta contro i Fir Bolg, i vermi della terra, con la speranza di coinvolgere come alleati, oltre ai lupi, anche il popolo fatato. Ma Ferdrad è scettico: «E’ una follia, non abbiamo speranza, perché in un confronto diretto hanno già vinto una volta. Non so cosa potremo fare, fratello... aspetto un segno, un presagio». La notte li raggiunge che la discussione non è ancora finita, e il sonno li coglie per sfinimento.

Di nuovo l’incubo. Ancora e ancora fuggirà e cadrà nel vuoto. No, basta, con un atto di coraggio o pazzia Emeroth si ferma per affrontare il suo inseguitore. Questi si rivela essere un guerriero, sicuramente un Celta, e quella spada, quello scudo, ricordano a Emeroth qualcuno... ma chi? Il guerriero non gli lascia tempo per le riflessioni: «Emeroth, Re degli uomini, tre prove dovrai affrontare prima di morire. Seguimi». Il giovane fa solo un passo verso il guerriero, ma già la scena cambia completamente: è buio pesto, come in una caverna, però nascosto nell’ombra c’è qualcuno che si fa beffe di lui e non si fa trovare. Emeroth brancola a caso e trova un’uscita, ma la luce non rischiara l’interno. L’uscita dà su un precipizio, e fuori c’è il Guerriero che sembra attenderlo. L’esile cornicione si stacca all’improvviso ed Emeroth precipita verso la morte. In fondo al burrone c’è di nuovo il guerriero che guarda oltre di lui, alle sue spalle. Il Re si volta e vede che c’è una donna, con le mani fredde e impalpabili; lo attira a sé, lo bacia, con le vesti bagnate... dopo poco a Emeroth manca il respiro, ma la donna è forte e non lo lascia andare. Emeroth si sente morire, soffocato.

Emeroth si sveglia di soprassalto, accanto al fratello lupo. Ha la precisa sensazione di aver affrontato tutte e tre le prove e di averle fallite tutte. Sveglia Ferdrad e gli racconta ogni cosa. Insieme capiscono che la prima prova, il buio che nasconde qualcuno, è come trovare un posto: sapere cosa cercare e dove cercarla. «E’ un inizio – mormora Emeroth – ma è un po’ poco»