Friday, February 17, 2006

auspici e presagi

Tanai ha la netta impressione che il suo maestro lo stia mettendo alla prova: in quest'ultimo viaggio gli ha lasciato svolgere tutte le mansioni ed incombenze che sarebbe stato lecito aspettarsi da lui. In tutto e per tutto Ongus ha caldeggiato il pupillo a svolgere i propri compiti, riuscendo a metterlo in luce ogni volta che è stato possibile e facendolo accettare grazie alla sua influenza. E tra i mille compiti che ora Tanai si trova ad affrontare c'è anche quello di partecipare alla caccia organizzata da Fergus McFinn e di guidare, durante la sera di Belthain, la ballata della festa.

Fa ancora freddo al mattino di questo periodo, ma Emeroth non ha tempo per accorgersi del freddo: deve prepararsi alla caccia che avrà luogo quest'oggi; raduna le lance, indossa i suoi abiti da caccia e striglia il proprio cavallo. Il sole è ormai alto quando Emeroth e Tanai escono dalle loro tende per raggiungere Fergus McFinn, seguito dai suoi Guerrieri del Ramo Rosso. I cacciatori sono bardati per l'occasione e pittati in volto. Fergus è eccitato all'idea di catturare il cinghiale bianco e non fa nulla per celarlo. Alza la voce rispondendo agli auguri delle donne, giovani ed anziane, che lo vedono passare insieme ai cacciatori. La processione termina di fronte alle Sale dell'Accoglienza dove i cavalli sono pronti per essere montati e guidati verso il Bosco dei Sussurri.
"Cathbadh! Vecchio druido!" tuona Fergus "Dicci: cosa ci porterà questa caccia?". Ma il druido non gli risponde: è evidentemente troppo impegnato ad osservare altrove. Feilhelm, anche lei presente alla scena, capisce cosa stia guardando il druido: un albero poco lontano è letteralmente assiepato di corvi che osservano gli ignari cacciatori. Poco dopo i corvi si alzano in volo compatti, tutti tranne uno che si tracheggia su di un ramo e poi prende anche lui il volo, ma in una direzione diversa da quella degli altri.
"Qualcuno morirà in questa caccia" mormora Feilhelm intepretando l'auspicio. Anche Cathbadh si riscuote dalla visione e prima che Fergus abbia guidato i suoi verso la caccia, lo prende da parte e gli sussurra qualcosa in un'orecchio.

"Hai scoperto dove si trova la regina Ide?" chiede accigliata Feilhelm a mastro Felab mentre i due passeggiano all'aperto, fuori dalla Sala dell'Accoglienza di Connor.
"Non ancora" risponde il fabbro "Cathbadh non me l'ha voluto rivelare: ha preso il mio aiuto come un'intromissione ed ha mille cose per la testa per presiedere alla festa di Belthain. Dovremo aspettare qualche giorno, che si liberi e che io riesca a parlargliene in presenza a Connor".
"Ma non possiamo aspettare: qualcosa mi dice che dobbiamo fare in fretta. Andrò io a parlare con Cathbadh" replica Feilhelm poco convinta.
"Non mi pare una buona idea. I druidi non hanno fiducia in te e pensano che tu e i poteri che rappresenti siano in declino su Eire. Cathbadh mi ha chiesto se davvero mi fido di te e non mi pareva molto soddisfatto della nostra amicizia" conclude Felab lasciando poco spazio alla donna. "Ma abbiamo tempo: la regina non partorirà prima di un mese. Piuttosto, ho bisogno che tu faccia altro..." riprende il fabbro.
"Proprio non ho intenzione di aspettare con le mani in mano" lo interrompe Feilhelm e piuttosto stizzita accelera il passo, andando incontro alla giovane Rhian che la sta raggiungendo. Felab, frustrato, la osserva mentre si allontana, ma poi, temendo che questa si rivolga ai druidi peggiorando la situazione, la rincorre.
"Posso sapere, di grazia, che intenzioni hai?" chiede esasperato Felab.
"Di interrogare quei poteri che i tuoi druidi credono in declino..." .

Mastro Felab intanto segue Re Connor e Cathbadh durante i loro sopralluoghi sull'Emayn, in preparazione della festa. Il suo scopo è quello di parlare della sorte della Regina con entrambi presenti, facendosi legittimare nelle sue azioni dal Re e strappando così il consenso al druido. Il problema però è che Lonan, il mastino, segue il suo padrone ovunque questo vada. Il cane, in effetti, è una bestia magnifica e più di tutto è sorprendente lo sguardo vigile ed intelligente
che posa su ciò che lo circonda. A metà mattinata Felab capisce che non avrà modo di separare Lonan dal Re ed abbandona i suoi propositi, mettendosi piuttosto in cerca di Irial il mendicante.
E' difficile trovare l'uomo, specie senza chiedere a nessuno se lo si è visto in giro, ma Felab non vuole dare nell'occhio: sono già sufficienti le voci di sventura che lo perseguitano, senza che lui le incoraggi ulteriormente mostrandosi interessato nei confronti di uno iettatore. Dopo molto cercare l'ostinazione ha la meglio: finalmente Felab vede Irial dirigiresti fuori dal Dun. L'occasione è propizia e il fabbro lo segue fuori dal recinto, lontano da occhi indiscreti.
"Buongiorno Irial" esordisce Felab, mostrandosi amichevole, ma il vecchio
mendicante muto non pare intenzionato a dare spago al fabbro; sembra spaventato e probabilmente è stato maltrattato più volte in vita sua.
"Aspetta Irial! Non avere paura. Non voglio tormentarti: mi serve il tuo aiuto".
Il mendicante si gira, guardando incuriosito, ma sempre poco fiducioso il suo interlocutore.
"Tu hai visto cose che potrebbero essermi utili ed io, invece, ho visto tuo fratello Iriol poche sere fa. Siete gemelli, vero? Tutti lo credono scomparso, ma tu sai che non è vero".
Irial appare spaventato e Mastro Felab sicuro di sé e del tutto determinato ad andare avanti nella faccenda. Spalle al muro, il mendicante, non può che far cenno al fabbro di andare avanti e di venire al dunque.
"Non adesso Irial" dice invece Felab "Sappi però che sarai il benvenuto nel mio Dun. Vieni da me dopo la festa di Belthain ma abbi solo cura di non farti notare. Ti troverò ospitalità e così parleremo di ciò di cui ciascuno di noi ha bisogno".
Mastro Felab porge la mano al mendicante che, prima titubante, poi più sicuro, gliela stringe suggellando il loro accordo.

Feilhelm sta aspettando il momento buono per entrare nella Sala del Re. C'è un discreto viavai di persone, ma non è nemmeno troppo difficile passare inosservati proprio a causa dell'agitazione prefestiva. Rhian continua a parlare alla sua maestra, ignara di cosa questa abbia in testa. Feilhelm supera il trono del Re e si accosta ai tendaggi che separano la grande sala dal giaciglio del Re. Poi, inaspettatamente, si infila negli appartamenti senza dir nulla a Rhian, che rimane di sasso. La ragazza si gira e nota che uno dei servitori la guarda un po' perplesso. Feilhelm, velocemente, afferra uno degli indumenti di Connor, se lo infila sotto la tunica ed esce subito dopo. Il servitore si avvicina alle due, Feilhelm cerca di ostentare calma ed autocontrollo, ma suona un po' finta: "Ho finito!" proclama ad alta voce ad una Rhian sempre più confusa. Entrambe imbarazzate, si allontano dalla Sala del Re.

Tra sé e sé Feilhelm medita che ha fatto proprio la figura della sciocca, e che il fato ha voluto che qualcuno la notasse proprio bene: forse sta rompendo una gea di cui non è neanche a conoscenza? Ma ci penserà più tardi.

"Madre! Ma cosa avete in mente?" chiede Rhian esterefatta non appena le due escono all'aperto.
"Voglio capire dove si trovino la Regina e suo figlio ed un indumento del loro congiunto ci servirà come tramite per scoprirlo... Vedrai, ne sarà valsa la pena fare una figura così" risponde Feilhelm, dirigendosi verso l'albero dove, poche ore prima, aveva visto posarsi i corvi. Vicino alle radici dell'albero ci sono alcune penne nere. Feilhelm ne raccoglie una e la brucia insieme all'indumento di Connor; dopodiché ne prende un'altra e la usa per scrutare nelle ceneri ancora calde.
"Da un presagio ne scaturisce un'altro..." mormora Feilhelm, poi a bassa voce ma nitidamente: "Corvi che tutto vedete e tutto sapete della foresta che è parte di voi e di cui siete parte, mostratemi dove si trova la regina Ide!", Nella sua mente comincia a prendere forma un'immagine. Rhian intanto comincia ad innervosirsi: attorno a lei si posano alcuni corvi che cominciano a gracchiare. Feilhelm vede un lago e un'isolotto che vi sorge in mezzo; sulla terra si erge una pietra nera, non al centro, ma su di un lato dell'isola.
"Conosco questo luogo..." dice fra sé Feilhelm riprendendosi dalla visione.
Intorno a lei è pieno di corvi che la osservano gracchiando, ma gli uccelli prendono subito il volo, tutti a parte uno che si tracheggia per un po' e poi spicca il volo anche lui. Le due donne, innervosite, seguono con lo sguardo la sua traiettoria e si incamminano in quella direzione.

Nel Bosco dei Sussurri la caccia prosegue. Tanai ed Emeroth sono del gruppo di Fergus, deciso - come è ovvio - ad avere la propria preda. Finalmente Fergus individua delle tracce nel bosco e si getta sulla pista senza esitazione. Si alza una brezza e con lei una fitta nebbia fredda ed umida. I cacciatori si stringono nei loro mantelli, ma tra loro solo Tanai si rende conto che la situazione è piuttosto innaturale: mentre tutti osservano a terra le tracce, il giovane bardo intravede nella nebbia delle figure semi-eteree. Pare che nessun altro riesca a vederle; Tanai avverte Emeroth, anch'egli impegnato nella caccia e cerca di avvicinarsi ai nuovi venuti. Quando le nebbie si diradano un poco Tanai riconosce degli uomini armati di lance.
"Ma non li vedi?" chiede Tanai all'amico.
"Cosa?!" chiede sempre più spazientito Emeroth mentre Fergus riprende a seguire la sua pista. Emeroth si guarda indietro ma non vuole lasciare da solo l'amico così lo prende per una manica per trascinarselo via. Ma Tanai non ha intenzione di farsi distrarre: man mano che la visione diventa più nitida comincia a capire che non sono lance quelle che vede, ma stendardi laceri. Tra gli uomini vi è Garban, l'alfiere di Connor, ma è gravemente ferito e le sue viscere sono aperte
e cadenti. Ad orrore si aggiunge altro orrore quando Tanai individua anche Connor, con la sua famosa spada (forgiata da Felab) rotta ed una profonda ferita alla testa. Al suo fianco ci sono molti Guerrieri del Ramo Rosso.
"Cosa vi è successo?" chiede Tanai spaventato.
"Non siamo stati noi a comiciare la battaglia, ma non potevamo tirarci indetro" ammoniscono i defunti "Molti eroi sono morti e solo i nostri figli potranno giudicare le nostre azioni".
"Voi venite dal mondo che sarà... che volete che faccia per voi?" chiede Tanai mentre Emeroth lo guarda sempre più stupito e incredulo, pensando che parli da solo.
"Dovrai testimoniare che Connor sapeva: sapeva che sarebbe morto, sapeva che Cumain l'avrebbe tradito. Ma nonostante questo è sceso in battaglia" concludono i defunti.
"Sì: mi impegno affinché tutto questo sia conosciuto e venga tramandato, anche se dovessi scriverlo nelle rune" conclude Tanai. Poi la visione scompare e la nebbia è trascinata via dal vento.
"Cosa stai dicendo?!" chiede Emeroth esterefatto a Tanai. Il giovane bardo resta in silenzio. "Niente..." mormora.
"Allora andiamo! Abbiamo perso fin troppo tempo qui!" conclude Emeroth.

"Stiamo andando verso l'isola di McCleod!" ricorda finalmente Feilhelm mentre cammina al fianco di Rhian, seguendo il volo del corvo. L'isola è un posto molto noto in questa regione di Eire; si racconta che nelle sue acque nere e stagnanti riposino i demoniaci Fomori, sconfitti dai Fimborg ormai anni addietro. I Fomori attendono sotto le acque del lago e covano odio contro gli abitanti di Eire che li hanno spodestati.
"Sono certa che qui intorno c'è una barca, Cathbadh deve averla nascosta" dice Feilhelm a Rhian. Le due si mettono a cercare intorno fino a che, nascosta tra le frasche individuano un'imbarcazione. Messa la barca in acqua, Feilhelm e la sua apprendista procedono verso il centro del lago. L'atmosfera è inquietante, le acque plumbee, l'aria stagnante e gelida. Il silenzio è interrotto solo dal rumore dei remi e più di una volta le donne, inquietate, stanno quasi per
voltare l'imbarcazione e tornare indietro. Finalmente però Rhian intravede la linea della terra e così rinfrancate le due arrivano finalmente sull'isolotto nebbioso. Appena scese a terra il rumore è interrotto dalla voce di una donna.
"Andatevene! Tornate da dove siete venute" la voce è imperiosa e proviene dalle nebbie. Feilhelm non si lascia intimidire ma risponde a tono: "Chi sei?" domanda.
"Ci penserò io alla madre" replica la voce nella nebbia.
"Non andrò via senza averla vista" intima Feilhelm sicura di sé.
"Non ha certo bisogno del tuo aiuto! Tu sola ti sei arrogata questo diritto, ma nessuno ti ha interpellata".
"Faccio solo quello che è giusto".
"Attenta: non sempre ciò che è giusto è anche saggio...".
"Faccio quello che è saggio, allora! Non mi farò spaventare da te, né da quello che dici".
"E fai male!" dice la donna uscendo dalle nebbie. E' una donna procace, vestita di nero, dai capelli lunghi e neri, il seno prosperoso: la quint'essenza dell'essere Donna.
"La madre e il suo bambino hanno bisogno di un'altra madre, hanno bisogno di me" dice con voce sicura e solida. Ma Feilhelm non si fa intimidire e fa alcuni passi in avanti, decisa a superare la donna e procedere alla ricerca della Regina.
"Maestra, c'è qualcun'altro" avverte Rhian.
"Falla venire..." dice subito dopo una giovane voce di bambina.
"Sì, vieni cara, lasciala perdere" conclude una terza voce di vecchia.
Sentendo le altre due voci Feilhelm capisce infine di trovarsi di fronte alle Morrigan. Il sangue le si gela nelle vene, ma ormai non può più tirarsi indietro.
"Il bambino ci appartiene, lei ce l'ha chiesto per proteggerlo dal mastino" dice con ostinazione la donna vestita di nero. Feilhelm non le presta ascolto: poco più avanti provengono i lamenti di una partoriente. Ed infatti, stesa vicina ad un piccolo focherello c'è la Regina Ide. Ide incrocia lo sguardo di Rhian e Feilhelm e rimane spiazzata dalla loro presenza; subito si assicura che non ci siano altre persone.
"Sono qui per aiutarti" dice morbida Feilhelm siendedosi accanto a lei.
"La Regina partorirà in anticipo di un mese" dice Rhian "Non fosse stato per il tuo sesto senso, Madre, saremmo arrivati troppo tardi". Ma Ide è spaventata dalla presenza delle sconosciute e preferirebbe affidarsi alle Morrigan.
Intuendo il pericolo, Feilhelm decide di avvertire Ide di quali saranno le conseguenze delle sue azioni: "Penserai di non essere mai stata incinta, penserai di non avere avuto un figlio, di essere sempre stata sterile".
"Una donna che sta per partorire è debole e vulnerabile" la rimprovera la Donna "Ti stai approfittando di lei e della sua debolezza".
"E se ti dicessi che anche tu, prima di lei, hai fatto la sua stessa scelta?" insinua la Vecchia rivolta a Feilhelm. Ma Feilhelm aveva già cominciato a sospettare questa verità nel suo cuore e non si lascia sopraffare dal dubbio e dal dolore.
"Non è vero!" si ribella Feilhelm "Ma se anche lo fosse a maggior ragione ora non posso permetterlo! Ho fatto male, essere sterili è innaturale. E questo bambino che sta per nascere... noi lo possiamo aiutare" poi si volta verso Ide e guarda la donna, stesa a terra e in preda alle contrazioni del parto che la guarda, con il volto imperlato di sudore.
"Mi stai illudendo?" chiede la Regina tra l'adirato e l'inquisitorio.
"No! Non ho certezze da offrirti, ma ti sto dando una nuova scelta. Abbi fiducia Regina Ide. Tuo figlio nascerà nella notte di Belthain: quale miglior auspicio potresti volere?" conclude Feilhelm. Ide la osserva e il dubbio comincia ad insinuarsi dentro di lei...
"Desideri revocare il nostro patto?" chiede stizzita la Morrigan.
"No..." comincia con voce flebile Ide, poi prendendo coraggio: "Sì, invece! Voglio revocare il nostro patto" conclude la Regina.
"Avrà un prezzo..." dice la donna.
"Vi siamo grate per la protezione che avete dato alla Regina, e per i corvi che avete mandato a rispondere al mio appello, e non lo dimenticheremo" inizia Feilhelm che però viene subito interrotta dalla Morrigan madre: "Non cercare di imbonirci, tu che ti sei frapposta sul nostro cammino. Ti lasciamo la madre e il suo bimbo, ma reclamiamo il diritto di salutarlo" e subito la donna si piega su Ide e le bacia dolcemente il ventre nudo e gonfio, poi vi posa sopra l'orecchio per qualche istante. La donna si rialza, ma non riesce a staccare gli occhi dalla partoriente.
"Saresti stato mio" dice "Ti ho salutato con un bacio e attendo di poterti salutare di nuovo con un altro bacio" poi si volta e raggiunge l'anziana e la giovane, avvolte nelle nebbie. "Attenta Madre delle Erbe, guardati bene dall'incrociare ancora la nostra strada".

Emeroth corre all'impazzata per recuperare la caccia che più avanti sta entrando nel vivo. Di fronte a sé sente le voci concitate dei compagni. Emeroth si fa strada nel fitto sottobosco fino a che non raggiunge gli altri. Di fronte a sé fa in tempo a vedere una fugace figura biance in movimento: è il Cinghiale Bianco che per sfuggire ai suoi predatori sta correndo nella sua direzione, pronto a caricarlo.
Emeroth, impugna la propria lancia da caccia e la frappone tra sé e l'animale. L'animale si va a schiantare sulla punta che penetra nelle sue carni, poco sopra le zampe anteriori. L'animale comincia a spingere come un forsennato ed Emeroth ha il bel da fare per riuscire a tenerlo fermo e non farlo scappare, né avvicinare. Poco dopo arriva fortunatamente anche Fergus, stupito di vedere il suo pupillo che è riuscito a trattenere l'animale.
Fergus impugna a sua volta la propria lancia e al suo fianco, suo fratello Gaile lo imita. I due provano ad infilzare la bestia, ma questa è troppo agile e inferocita e riesce a schivare i due colpi, nonostante sia strattonata da Emeroth. Gaile tenta ancora una volta di colpire l'animale e riesce a prenderlo, ma questi, improvvisamente arretra trascinando a terra il suo cacciatore.
Emeroth intanto viene distratto da una nuova visione: poco distante vi è un uomo che sta osservando la scena. E' un essere seminudo, estrememente villoso, con un fisico possente e due grandi corna di cervo che gli spuntano dalla nuca.
"Il Dio Cornuto!" capisce Emeroth osservando lo sposo di Danaan. Ma la sorpresa e la distrazione gli sono fatali: il cinghiale riesce a divincolarsi e si getta contro Gaile, ancora a terra. L'uomo estrae il suo pugnale per difendersi ma è troppo tardi: il cinghiale bianco lo carica e lo infilza con le sue micidiali zanne. Gaile è sbalzato via e Fergus urla di dolore alla visione del fratello che cade a terra in maniera scomposta.
Il cinghiale fugge via, tra lo sconforto e lo scompiglio generale. Fergus si getta sul fratello, ma Emeroth non ha intenzione di lasciare che la caccia finisca in questo modo e si getta all'inseguimento della bestia, seguito a ruota da Tanai.
"Emeroth!" chiama Fergus. Ma il giovane non sente o preferisce far finta di non averlo sentito e continua nella sua corsa. Emeroth tira la propria lancia in direzione del cinghiale e lo manca, ma non per questo demorde. La bestia e i suoi due inseguitori continuano la loro corsa nel bosco fino a che non giungono ad una radura. Tanai passa la propria lancia ad Emeroth. Il cinghiale, il cui manto bianco è sporco di sangue che ancora gronda dalle ferite che gli sono state inferte, osserva i suoi avversari e si lancia nuovamente contro Emeroth.
Tra i due ha inizio una nuova battaglia. Emeroth è stanco e non riesce a colpire l'animale se non di striscio. Ma anche la bestia, percossa e piena di ferite comincia a perdere forza e velocità così dopo un'ultimo tentativo di infilzare il proprio cacciatore non riesce a schivare il colpo di Emeroth.
Il giovane, grondante sudore e coperto di sangue, blocca nuovamente la bestia con la lancia e gli urla contro tutta la propria rabbia e determinazione. Il cinghiale bianco, ferito oltre ogni limite, smette di spingere e si tira indietro. Un ultimo zampillo di sangue esce fuori dalla ferita infertagli da Emeroth e poi l'animale mitologico cade a terra morto...

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