Thursday, December 14, 2006

l'eterna notte dell'alba successiva

La neve e il vento contro la barba, Emeroth sospira scendendo dalla collina, raggiunto dai suoi compagni. In lontananza un fioco bagliore che si distingue a mala pena: dovrebbe essere il Dun.
Le lande sono pericolose. Sono 3 anni ormai, 3 anni da quando quella maledetta alba guidò i Celti contro i Pitti, quando era ancora l’unico Re, quando è cominciato l’Inverno Perenne e il sole fu visto l’ultima volta.

Boschi spettrali e vento gelido, lo stesso vento che talvolta arriva carico di voci e si porta via uomini e anime.
«Apprite al Re», grida Olcan che è con lui, e al Dun effettivamente gli aprono le porte. Niente cani, niente cavalli. Gli animali e quasi tutte le piante sono stati falciati dall’Inverno. Solo il fuoco dell’Aula dell’Accoglienza sembra vivo.
Gli uomini rimasti al Dun non osano chiedere se la spedizione all’esterno ha trovato qualcosa.

Nel rivedere il dito mancante di Elcain, Olcan ripensa alla battaglia di tre anni prima. Quando scesero le tenebre nel campo di battaglia nessuna ha più capito cosa stesse succedendo: il buio più nero e forme striscianti che portavano via i compagni. Solo all’arrivo della notte, per ironia, si schiarì un po’ il cielo e fu chiaro che i vermi, paghi della vendetta, se ne erano andati.
Sparsi, radi, mezzi morti ed inebetiti, i superstiti si radunarono terrorizzati. Pochissimi. Meno della metà.
I Pitti spariti tutti, tutt’oggi nessuno sa dire dove siano finiti.
Il giorno successivo alla battaglia successero due cose: cominciò a nevicare e non sorse il sole.
Oggi sono quasi abituati: notte scura e impenetrabile, neve e un’oscurità meno buia che sostituì il giorno. Le alleanze furono spezzate, ognuno cominciò a pensare per se’, ai propri problemi e guai. Un giorno, pochi dopo la battaglia, furono persino estratte le spade nell’Aula dell’Accoglienza.

Tanai se ne ricorda bene. Fu Iboar a porre la questione: «Dobbiamo trovare Cumain, Emeroth. E’ ancora vivo»
«Ti sbagli –rispose il Re– è sicuramente morto»
«No –insistette Iboar– è ancora vivo. Alcuni l’hanno veduto in sogno. Dobbiamo trovarlo e tu dovrai essere pronto a cedergli la corona»
Nessuno ha visto Cumain il giorno della battaglia, e c’è chi dice di averlo visto dopo: molti pensano che questo voglia dire che aveva avuto una premonizione.

Tanai si fece scuro in volto a sentir parlare di cedere la corona a Cumain. «Tieni» disse rivolgendosi a Iboar e passandogli un grosso martello. Iboar è perplesso: «Che ci faccio?» «Esci fuori e spacca la Pietra dei Re, visto che stai sputando sul suo giudizio».
Iboar si ritrasse e restituì il martello, ma non si diede per vinto «Non era ancora il suo momento. Se la Pietra dovesse pronunciarsi adesso darebbe un solo responso: Cumain»
Tanai scosse la testa incredulo, ma almeno su una cosa erano d’accordo: Cumain andava trovato e portato lì.
Iboar continuò sulla sua linea, voleva una risposta da Emeroth: quando verrà Cumain sarà disposto a cedergli la corona?
Emeroth era scoraggiato e amareggiato e non rispose. Il suo silenzio venne interpretato come un assenso da Iboar: «Bene, allora ce andiamo. Cercheremo Cumain».
Ma Olcan non trattenne più la sua rabbia e la sua indignazione: «Emeroth è il Re, non potete andarvene come se nulla fosse, codardi!»
A quell’offesa Iboar sgranò gli occhi ed estrasse la spada, lì, nell’Aula dell’Accoglienza di Re Emeroth. Fu gravissimo, e solo le parole dure di Tanai («Chi sguaina la lama porta l’ira degli Dei con se’») allontanò le mani di tutti gli altri dall’impugnatura e impedirono una carneficina.

Istigati da Olcan, Emeroth e Iboar andarono fuori a combattere, nella neve davanti alla Pietra dei Re. Iboar era dominato dall’ira: «Ti disconosco come mio Re –urlò a Emeroth con disprezzo– Sei un usurpatore! Sottomettiti al Vero Re, Re Cumain!»
L’ira di Emeroth era più fredda, ma non meno letale: «Non ti ucciderò, Iboar, sarebbe darti troppo onore»

Iboar era quasi anziano, ma ancora in forze. Lo stesso il combattimento fu piuttosto breve: Emeroth parò con agilità e calò con eleganza un fendente sulla gamba dell’avversario. Iboar cade, ma si rialzò stoicamente: «Tutto qui quello che sai fare? Smetti di fare finta e combatti!»
«Ti ho già detto che non ti darò una morte da Celta –lo canzonò Emeroth– Non sei più un Celta, hai rifiutato il tuo Re»
Il figlio di Iboar provò a chiamarlo, a mettere fine al combattimento, ma Olcan lo fermò: era giusto che disputa andasse per il suo corso.
Iboar attese fermo ed Emeroth lo ingaggiò con un nuovo colpo, ma sottovalutò l’esperienza del vecchio che riuscì ad infliggergli una pesante ferita al torso. Ancora più pieno di ira, Emeroth affondò la sua spada nel braccio dell’avversario: Iboar era ancora vivo, ma per quanto a lungo?
Suo figlio aveva lo sguardo allucinato e già meditava immediata vendetta, ma Olcan, mormorando tra se’ e se’ eppure ben udibile, sentenziò che la Pietra dei Re aveva parlato.
«Finiscimi», chiese lo sconfitto, con voce senza traccia di paura. Emeroth non ne aveva intenzione e raccolse invece la spada dell’avversario: con colpo netto e potente la spezzò in due sulla Pietra dei Re.

Fu così che cominciò la profonda divisione del Clan Mc Finn, già duramente provato dalla battaglia coi Pitti e dall’Eterno Inverno.

Molti dei sopravvissuti sono rimasti con Emeroth, ma altrettanti, se non di più, l’hanno invece abbandonato. Per lo meno sua moglie è con lui, anche se da quel fatidico giorno in cui i Pitti attaccarono il suo Dun e lei e il figlio Dardain rimasero quasi uccisi, ha completamente perso il senno. Solo l’affetto e l’amore per il marito sono rimasti immutati. Dardain d’altra parte sta crescendo in fretta, sempre più taciturno.

Tanai è subissato di persone che gli chiedono segni e consigli. Decide di chiedere ai presagi se si può cercare aiuto dalle fate: in tutti i responsi legge una risposta positiva. Lo confida però a pochi amici fidati, perché la diffidenza e la repulsione per le fate è ancora molto forte. I segni dicono inoltre che un pilastro della Terra ha ceduto e non c’è più: Dana si è drenata di ogni energia. E’ per questo che i boschi sono morti, gli animali non ci sono più, la terra è arida e fredda e l’inverno perenne.
Ed è per tutto questo che le pattuglie cercano verso l’esterno, fuori dal Dun, nelle pericolose lande di vento e neve: alla ricerca del tramite che Tanai ha presagito nei segni.