Thursday, January 05, 2006

prologo

Il vento gelido dell'inverno soffiò tra i rami del bosco: un vento inclemente, di quelli dai quali non è possibile ripararsi e che arrivano direttamente alle ossa. Uno di quei venti che solo il tepore di un fuoco e del vino caldo speziato possono allontanare.
Il lupo si alzò dalla sua cuccia: la sua pelliccia non bastava più a ripararlo. Perché il gelo più forte non era quello del vento e della neve ma quello dentro di lui, la sua solitudine. Si alzò sulle zampe e guaì, fece qualche passetto sulla neve e poi si lanciò di corsa tra gli alberi e poi giù per la collina, poi ancora boschi e ancora colline. Squarci di luna e di stelle apparirono sopra la coltre di nubi cariche di neve.
L'animale si fermò, il gelo, quello del vento, ora non lo sentiva più. Tutto il suo corpo surriscaldato era avvolto da una nube di vapore. Lontato da lui nella valle c'era una piccola costruzione, una capanna con un comignolo dal quale si innalzava un filo di fumo. Alle sue narici arrivarono odori. Odori fortissimi: di uomini, di carne secca, di legumi scaldati sul fuoco, di cipolle cotte sotto la cenere. La mente del lupo si affollò di immagini, lampi di luce che affioravano e annegavano nel buio dell'incoscenza; ogni lampo era una lama freddissima. Il lupo alzò gli occhi, vide la luna e pianse ed ululò...

Stava ormai albeggiando quando la Madre delle Erbe arrivò alla fucina.
Tin, Tin, Tin.
Il rumore del ferro battuto rompeva l'atmosfera quieta della mattina estiva.
"Già al lavoro Mastro Felab?" chiese la donna.
"Non sopporto il caldo del mezzodì. Preferisco lavorare ora" rispose brusco il fabbro, per nulla sorpreso da quella visita mattutina.
"Un fabbro che soffre il caldo? Questa è nuova" rispose la donna. Ma il fabbro non raccolse la provocazione, se di provocazione si trattatava, si limitò a immergere la lama nell'acqua. Lo sfrigolio coprì qualsiasi risposta avrebbe potuto dare.
"Oppure quella lama doveva bagnarsi ai raggi della luna crescente?" chiese lei con voce neutra. Il fabbro alzo lo sguardo: due occhi gelidi e distanti osservarono la visitatrice.
"Allora è per questo che sei venuta Feilhelm?" chiese il fabbro mentre riprendeva il suo lavoro.
Tin, Tin, Tin.
"In effetti sì Felab. Circolano delle voci. Voci che sono arrivate all'orecchio del Re e di Arannan".
Tin, Tin, Tin.
"Molti presagi funesti hanno accompagnato la tua vita" riprese Feilhelm "e chi non capisce, di solito, ha paura".
"Il Re non farà nulla contro di me. E' un uomo d'onore: lui stesso ha una delle mie armi" disse il fabbro.
"Il Re è un uomo d'onore, è vero. Ma il suo debito nei tuoi confronti l'ha già ampiamente ripagato: tuo figlio Emeroth non si trova all'Emayn solo perché è bravo con la spada, lo sai" rispose la donna con voce calma e pacata "Il Re non potrà difenderti per sempre: la morte di tua moglie durante il parto di Ferdrad, la recente scomparsa di Ferdrad stesso, le voci che circolano riguardo alle armi che forgi... qualcuno ha messo in giro voci che hai un patto con i Tuatha de Danaan".
TIN.
Mastro Felab diede un unico colpo alla lama che stava forgiando. Se avesse voluto scaricare la sua frustrazione su quel pezzo di ferro avrebbe distrutto tutto il lavoro della notte. L'amore per il suo lavoro riuscì a trattenerlo, ma era furibondo così impugnò la lama e si girò verso la donna.
"Ora vattene o sperimenterai se le voci dicono il vero" disse il fabbro.
"Ti conosco bene Felab" disse Feilhelm con voce triste "so bene che non sfideresti mai la Geas solo per farmi paura. Il giorno che userai una delle tue armi, se mai verrà, sarà per difendere i tuoi figli. Io l'ho visto, sai?".
"Cosa vuoi da me?" chiese il fabbro.
"Aiutarti..." replicò la donna.
"Se vuoi aiutare me allora vedi di vegliare sui miei figli! E non come hai fatto con Ferdrad!" disse pieno di rancore Felab.
"Per Ferdrad ho fatto tutto quello che potevo. Ma per te posso ancora fare qualcosa. Ascoltami ti prego: smetti di forgiare quelle armi. Lascia che le voci passino, non dare occasione a nessuno di screditare il tuo nome e quello dei tuoi figli" concluse Feilhelm.
Ci fu silenzio. Poi il gallo cantò a ricordare l'inizio della giornata.
Felab si voltò e riprese a battere il ferro.
"Non posso, non ora" disse il fabbro con voce stanca.
"Per chi è quella spada?" chiese lei.
"Per Emeroth".
Qualcuno entrò nella fucina,
"Buongiorno Mastro Felab" disse il giovane apprendista del fabbro, poi si accorse della presenza della vecchia curatrice e si sentì un po' in imbarazzo non capendo il perché di quella visita "...buona giornata Signora".
"Buongiorno a te giovane Ronan, resta pure. Stavo giusto uscendo. Buongiorno Mastro Felab... e buon lavoro".


Una ragazza stava camminando sulla riva del fiume; si riparò dall'umidità della notte stringendosi nel suo semplice mantello. Sopra di lei brillavano forti le stelle. Non c'era nessuna luna in cielo e sarebbe bastato alzare lo sguardo per ammirare molte stelle cadenti abbandonare il firmamento.
La ragazza si fermò e si accucciò davanti all'acqua corrente.
"E' in arrivo una tempesta cara" avvertì la donna più anziana.
"E' quello che mi dice anche il mio cuore" rispose la giovane.
"Il tuo cuore è saggio Rhian, dagli ascolto" riprese la donna "Ma non avere timore: tutto passerà, come l'alba che spazza via i timori notturni. La notte non è per sempre, è solo un momento. Devi avere fiducia"
"Sarei più tranquilla se ci fossi tu con me" disse la ragazza, la voce rotta dalla commozione.
"Noi vegliamo su di te, sii serena..."
La ragazza si alzò, guardava scorrere l'acqua sotto di lei ma la vista era offuscata dalle lacrime. Un brivido le percorse la schiena e lei si strinse più forte nel suo mantello. Rhian alzò lo sguardo al cielo ma non riuscì a concentrarsi sulle costellazioni: i suoi pensieri erano altrove. Rimase qualche altro momento in riva al fiume poi si incamminò indietro verso la sua abitazione. Al rientro l'attendeva la sua maestra. La donna alzò il suo sguardo si di lei, poi lo rivolse di nuovo al fuoco che stava attizzando.
"Non hai guardato il cielo, vero Rhian?" si informò Feilhelm.
"No maestra, mi spiace" rispose la ragazza.
"Hai visto di nuovo tua madre nel fiume?"
"Sì maestra..." e dicendo questo si morse il labbro inferiore.
"Per stasera non dirò nulla" concluse Feilhelm avvicinadosi a Rhian e porgendole del vino speziato "Bevi questo e riposa tranquilla. Domani ci sarà pioggia".

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