un dono inaspettato

"Dopo la grande battaglia che ha visto la morte di Re Connor i pitti stanno riprendendo coraggio" pensa preoccupato Emeroth, consapevole che deve far qualcosa prima che sia troppo tardi.
"Ruadan mi ha rifiutato il suo aiuto" si lamenta ad un certo punto Liobad. "Il suo Dun è riparato dalle scorrerie dei pitti eppure lui non fa nulla per aiutarci ma anzi: ci ha negato il suo sostegno con la scusa che doveva pensare a proteggere il suo bestiame". Liobad mostra tutto la sua indignazione per il comportamento egoista del vicino Ruadan: è chiaro che le difficoltà lo stanno portando all'esasperazione.
"Tu devi fare qualcosa!" reclama infine Liobad ad Emeroth "Devi trovare una soluzione perché la situazione non è più sostenibile".
Gli occhi dell'uomo guardano ad Emeroth ed il nuovo Re sente di nuovo su di sé il peso delle aspettative del suo popolo. Liobad è venuto accompagnato dai suoi figli ed anche questi guardano al Re. Emeroth, che solo l'anno passato si trovava ancora nel suo autoesilio con il pascolo, si trova catapultato in una situazione che non è sicuro di saper gestire; eppure l'uomo si alza in piedi perché mentre le richieste si affastellavano l'una alle altre, ha avuto modo di pensare ad un tentativo di soluzione.
"Avrai l'aiuto che ti serve" esordisce quindi Emeroth "chiamate Cumain". Un ragazzino parte e va a cercare Cumain "occhi di ghiaccio" che Emeroth, consapevole di dovergli riconoscere il ruolo di "salvatore" che il popolo gli ha dato in battaglia, ha nominato suo Campione.
"Mi hai fatto chiamare?" dice Cumain tra l'entusiasmo generale dei presenti.
"Trova qualcuno che possa sostuirci alla guida nell'Emain perché abbiamo da fare: io ed Garbhan partiamo per il Dun di Ruadan" ordina Emeroth. Un certo brusio si sparge per la sala: tutti avevano creduto che Cumain, il braccio armato di Emeroth, sarebbe stato incaricato di sostenere Liobad.
"E per cosa mi hai chiamato?" chiede tra lo stupito e il confuso Cumain.
"Tu invece dovrai partire insieme a Tanai alla ricerca di Cathbad..." gli risponde ghignante Emeroth.
Emeroth ha intenzione di partire il prima possibile per chiarire a Ruadan e a quanti altri avranno qualche dubbio che i celti dovranno essere uniti per sconfiggere la minaccia dei pitti e certi atteggiamenti egoistici non potranno passare inosservati agli occhi del Re. Durante il suo viaggio visiterà diversi Dun per poter stringere nuovi accordi i vari clan; non per ultimo si recherà al Dun dove sua moglie e suo figlio si sono ritirati da tempo a causa di una malattia che sta affligendo Aliesin.
Anche Liobad è frastornato: non si aspettava tanto; l'uomo è ammirato e riconoscente e si getta plaealmente ai piedi di Emeroth.
"Prendi mio nipote e portalo con te, perché anche lui ti sia d'aiuto in questa faccenda" chiede Liobad.
Nei pochi giorni che lo separano dalla sua partenza Emeroth realizza che allontanandosi dall'Emain sarà costretto a lasciare indietro molte questioni. Il viaggio durerà almeno un mese, nell'ipotesi più fortunata, e la giustizia del Re dovrà essere comunque amministrata con saggezza da qualcuno di fidato. Emeroth non ha molti contatti a cui rivolgersi poiché la sua vita in solitudine al Dun di suo padre l'ha, tutto sommato, piuttosto isolato.
"Chiamatemi il vecchio Ruarch" ordina infine Emeroth. Ruarch era un giudice brehon ormai anziano che aveva vissuto un forte dramma familiare: sua figlia era scomparsa in circostanze misteriose e lui aveva viaggiato molto nella speranza di ritrovarla; l'uomo infine si era arreso all'idea che la figlia fosse morta ed infatti, quando Emeroth e Cumain tornarono all'Emain con il Calderone di Taran, aveva chiesto di poterlo ammirare. Emeroth gli aveva letto negli occhi il desiderio di utilizzare l'artefatto per poter rivedere sua figlia.
Emeroth lo prende ora da parte per stipulare con lui un patto.
"Ruarch questa è la scelta che io ora pongo di fronte a te: parti ora alla ricerca di tua figlia, Cumain e Tanai saranno con te ma ti avverto che avrai poco tempo e sopratutto non tollererò ritardi al punto che ordinerò a Cumain di non esitare ad ucciderti se sarai d'intralcio alla loro missione. L'alternativa che ti chiedo invece richiede la pazienza di aspettare ancora qualche mese nei quali dovrai esercitare il tuo saggio pensiero per reggere l'Emain in mia assenza, dirimendo le questioni che si presenteranno".
"Rimetteresti nelle mie mani la voce del Re!?" esclama tra lo stupito e il preoccupato Ruarch.
"Sì!" risponde serio Emeroth guardando l'uomo in volto e cercando di mostrarsi il più sicuro ed imperioso possibile. "E dopo avrai tutto il tempo che vorrai per la tua ricerca".
"Va bene" dice l'uomo dopo averci pensato. "Accetto le condizioni: eserciterò la legge in tua assenza".
I due si stringono la mano per suggellare quel patto.
Il giorno successivo è dedicato ai preparativi del viaggio. Metà dei guerrieri del Ramo Rosso accompagneranno il Re: sono coloro che provengono dai Dun che Emeroth ha intenzione di visitare; agli altri invece è stato chiesto di rimanere a guardia dell'Emain del Re. Qualche malumore serpeggia tra i guerrieri che, normalmente, durante la stagione invernale trascorrono il loro tempo presso i loro Dun, con i propri clan.
Cumain inoltre è piuttosto perplesso dalla scelta di mandarlo con Tanai a cercare Cathbad.
"Sono il tuo Campione, non dovrei venire con te Emeroth?" chiede infine Cumain.
Emeroth gli risponde senza distogliere lo sguardo da quello che sta facendo "Avevo capito, qualche giorno fa, che le tue richieste fossero altre rispetto alla volontà di seguirmi..." poi solleva lo sguardo per fissarlo in quello di Cumain "la ricerca di Cathbad ci sarà utile a trovare aiuto, non credi?"
Cumain però è poco convinto: "Qualcosa mi dice che non stai prendendo in seria considerazione la mia proposta, sento il peso delle giornate che passano, non abbiamo tempo per costruirci delle sicurezze".
Emeroth non vuole ammetterlo di fronte a Cumain, ma l'idea di risvegliare le forze primitive di Erin non lo aggrada affatto.
"Fidati di me Cumain, ti chiedo di aiutarmi in questa impresa" chiede infine il Re; da quando Cumain è stato rifiutato dalla Pietra dei Re egli ha accettato il suo nuovo ruolo, anche se freme dal desiderio di poter portare agire liberamente come aveva pianificato.
"Va bene! Se è così che hai deciso, così faremo e quel che avverrà, avverrà sotto il tuo nome!".
Lo sfilare dei guerrieri che esce dall'Emain è impressionante, come impressionante è stato l'andirivieni dei giorni scorsi. Molto impressionante anche per la giovane Maleya che si aspettava quasi di poter entrare di nascosto nell'Emain per parlare con Emeroth, ma la faccenda si è fatta decisamente più complicata del previsto. Emeroth le sfila poco lontano, facilmente distinguibile a causa del suo mantello bianco; la ragazza nota che lì vicino c'è anche il giovane Mochta. Il gruppo si sta dirigendo verso sud, così Maleya pensa velocemente a dove potrà sostare un esercito tanto grande e decide di precederlo in quel luogo: una valle protetta dal vento da un gruppo di colline dove nelle vicinanze nasce una sorgente. Nap, il leprotto, sta molto male e sempre più spesso perde i sensi; quando li riacquista chiede insistentemente di Emeroth e Maleya capisce che deve fare in fretta.
"Stai tranquillo!" le dice Maleya mentre lo stomaco le si attorciglia "sto per portartelo".
Non c'è tempo per attendere la notte e d'altro canto non è semplice avvicinarsi inosservati ad Emeroth, specie di giorno. La ragazza nota poi un bagliore poco distante da lei, sul sentiero dove l'esercito è passato qualche minuto, è un monile che i celti usano per agghindarsi la barba. Un'idea si fa quindi strada nella mente della giovane. Maleya raccoglie il pendaglio e poi si dirige più in fretta che può nel bosco dove l'esercito arriverà solo qualche ora più tardi. Nel bosco la ragazza si mette a cercare qualcosa che faccia al caso suo: il resto di qualche animale notturno e trova infine l'aculeo di un riccio.
Maleya prende un profondo respiro e poi mormora alcune parole di potere che ha imparato da suo padre, infine lancia l'aculeo di fronte a sé ed osserva la direzione indicata da esso. "Portami da loro" ordina infine stringendo il gioiello celta in una mano e facendo un balzo là dove gli è stato indicato. La ragazza si tuffa attraverso le folte fronde di un cespuglio e quando riemerge, con in braccio Nap, si trova nel bel mezzo della notte, illuminata dalla falce di una luna che ha iniziato il suo percorso verso il tramonto. Maleya è riuscita ad avvicinarsi alla notte che la attendeva, recuperando preziose ore di vita per il povero leprotto così lo nasconde in una tana nell'incavo di un albero e poi si dirige verso l'accampamento degli uomini, alla ricerca di Mochta. La ragazza trova il giovane dormiente, insieme al clan del suo signore, Olkan e lo scuote per risvegliarlo dal sonno.
"Dov'è Emeroth?" chiede Maleya senza tanti convenevoli. Un po' scombussolato Mochta cerca di capire se ciò che vede è verirà o sogno.
"Come hai fatto ad arrivare fin qui?" chiede stupito ma la ragazza non ha tempo per mettersi a discutere.
"Devi portarmelo! E' importante" lo sprona invece.
"Portarti Emeroth? Portarti il Re?" continua Mochta poco convinto.
Maleya viene così a sapere che il guerriero che aveva aiutato ormai un mese fa ora è Re.
"Sì, devi portarmi Emeroth. Vi aspetto alla radura qui vicino" e lascia Mochta nella speranza che il ragazzo faccia quanto gli è stato chiesto. Mochta è indeciso ma poi, facendo finta di recarsi ad orinare, si avvicina al fuoco di Emeroth finché una guardia non lo ferma per mandarlo via: Emeroth giace a terra, avvolto nel sonno e nel suo mantello. Mochta si allontana dal cerchio di luce e poi, senza rendersi conto del pericolo che sta correndo, prende un sasso in pugno nel tentativo di svegliare Emeroth. Una guardia potrebbe sentirlo e, senza vedere bene nell'oscurità, potrebbe decidere di scagliare la sua lancia prima di tanti proclami. Fortunatamente il secondo sasso colpisce Emeroth quanto basta da svegliarlo...
Un'altra comitiva esce dall'Emain del Re. Tanai sta portanto il Calderone nella collina dove Cathbad era solito leggere i presagi. Una volta giunti nei pressi della collina il Calderone comincia a farsi pesante ed è difficile da spostare, come se si fosse riempito del potere del luogo. Un servitore si accosta a Tanai: il bardo, qualche giorno prima, lo aveva mandato sulla spiaggia che separa Erin dall'Isola di Sky, dove il druido è scomparso.
Diversi otri di acqua raccolta su quella spiaggia vengono riversarti dentro il Calderono: l'acqqua si fa cupa e continua a muoversi in piccole onde, come fa il mare, senza pace. Tanai estrae quindi il proprio coltello e taglia un ramoscello dell'olmo che sovrasta la collina.
"Tienilo con cura" dice poi a Cumain "perché sarà la nostra guida nel viaggio di ritorno".
Tanai prende il suo bastone del cammino e lo immerge nel calderone, rimestando l'acqua. Il vortice al suo interno si fa ancora più scuro e veloce. Cumain, ad un cenno di assenso di Tanai, si tuffa nel Calderone e vi si immerge come se non avesse fondo. Subito dopo Tanai lo segue tra il timore e il rispetto dei presenti. Un altro guerriero, il primo del gruppo che avrebbe dovuto seguirli, deve fermarsi di fronte al vortice che si alza in uno sbuffo. Quando l'acqua torna al suo posto è innaturalmente ferma e piatta.

"Sarà lui il druido?" chiede Cumain stringendo sempre saldamente il ramoscello d'olmo.
"C'è un solo modo per saperlo" e Tanai si incammina verso la figura; il bardo trova l'uomo vagamente di spalle, sembra proprio Cathbad e sta armeggiando con ossicina e bacche, totalmente assorto nei suoi pensieri. Tanai guarda incusiosito a terra e capisce che indicano un qualche pericolo ma non sa capire meglio di cosa si tratti. La figura china si riscuote, attraversata da un brivodo, afferra la sua ciotola piena d'acqua e ne versa a terra il contenuto: l'acqua viene assorbita istantanemanete, in modo innaturale, poi l'uomo si volta a destra e manca, ignorando totalmente con lo sguardo la presenza di Cathbad e Tanai.
"Spiriti, so che ci siete!" esordisce Cathbad.
Cumain è confuso e guarda Tanai con fare interrogativo ma il bardo ha un'espressione assorta sul volto.
"E' vero..." risponde Tanai al druido e Cathbad si volta nella direzione dei due vivi ma li supera con lo sguardo.
"Non so se sono stato io a convocarvi o se questo è un semplice incontro voluto dal caso, voi cosa avete da dirmi spiriti dei morti?".
Un'espressione interrogativa passa sul volto di Cumain mentre Tanai, seppure confuso, continua a parlare con il druido.
"Un mistero oscura le terre di Erin ed una delle chiavi si trova sull'Isola di Sky Cathbad"
"Allora è vero!" esulta Cathbad "Tu mi dai conferma di ciò che già sapevo perché è là che sto andando: vedete quella barca laggiù? Tra poco partirò con quella alla volta dell'Isola di Sky".
"Non sappiamo se troverai soluzione alle tue domande druido, ma sappiamo che un pericolo grava su di te ed arriverà prima che tu giunga sull'Isola" lo avverte Tanai. Il druido rimane in silenzio per qualche istante cercando una risposta.
"Mi avvertite di un pericolo che incombe su di me" scandisce infine Cathbad lentamente "ma io ho visto un pericolo che minaccia tutto il popolo di Erin: ho visto il ritorno del popolo dei Vermi ed anche la pietra che servirà al loro ritorno: è stata trafugata. Io non so ancora vedere il sentiero che porterà a questi eventi ma mi è chiaro che sarà il popolo celta a scegliere il proprio futuro".
"Cosa puoi dirmi della forza che sovrasta il popolo dei Pitti? è dunque ignota anche a te?"
"La mano dei Pitti è guidata da una forza salda e sicura che vuole trovare riscatto alla potenza che gli uomini le hanno sottratto. Andrò sull'Isola di Sky e cercherò conferma che il popolo di Danann guida i Pitti. Le streghe potranno darmi risposta che cerco perché d'altronde non oso rivolgermi alle Ninfe del lago".
Il vento della tempesta si fa più forte e Cathbad si volta in direzione della sua barca: un uomo lo attende.
"Sihollan mi attende spiriti, che possiate tornare nel mondo che vi appartiene senza cadere tra le spire del verme che tutto avvolge".
Sihollan era il figlio di un barcaiolo cieco. Tanai è confuso: non sapeva fosse morto, ma la polvere si alza con il vento e si è fatto tempo di ritornare. Tanai stacca una foglia dal ramo d'olmo di Cumain e questa viene trascinata dal vento.
"Non perdere di vista quella foglia: ci riporterà a casa!" ordina il bardo.
Alla radura Emeroth e Mochta incontrano la giovane Maleya. Emeroth è stupito e dispiaciuto nel vedere il leprotto ferito e morente. Man mano che la morte si avvicina l'animale perde sempre di più le sue fattezze antropomorfe e ritorna ad essere un semplice leprotto. L'animale parla a fatica.
"Tu mi hai salvato una volta la vita, quando il Cacciatore voleva trarti in inganno. Io non dimentico il favore che mi hai fatto risparmiandomi e prima che la vita mi abbandoni devo ricambiare al tuo dono". Il leprotto tossisce sangue e poi rigetta una piccola perla, lavorata come fosse un ornamento.
"Questa me l'ha data il Cacciatore e apparteneva a Lugh. E' la cosa più preziosa che possiedo ed è il dono più grande che posso farti. Con questo potrai fare una richiesta a Lugh e lui non potrà rifiutartela". Maleya sente le gambe tremare mentre si rende conto di ciò che ha fatto. Una sottile lancia di luce invade la scena sulla morte del piccolo leprotto: è l'alba. La fata-leprotto ha perso del tutto le sue fattezze umane ed ora è tornata ad essere semplicemente un animale.
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