la quiete prima della tempesta
Moctha arriva presso Dun Iboar in condizioni pietose dopo il suo scontro con i Pitti. Il giovane guerriero è già semincoscente mentre farfuglia dell'arrivo dei Pitti. Per fortuna Tanai, quando lo vede e lo riconosce, mette la sua parola perché Mochta sia accolto e curato come si deve. E' impossibile non notare la testa del Pitto che porta legata alla cintura ma presto, prima che possa dare ulteriori spiegazioni, Mochta cade in uno stato confusionale dovuto dalla febbre alta e viene accolto dall'oblio del riposo.
Il giovane si risveglia a notte avanzata, si trova in una qualche costruzione del Dun; il cielo stellato si vede chiaramente dalla finestra aperta. Mochta vorrebbe alzarsi ma gli gira ancora la testa, arriva poi con difficoltà ad affacciarsi ma dalla sua posizione non riesce a vedere niente di più che il fitto bosco che avvolge Dun Iboar. Un lieve chiarore all'orizzonte preannuncia l'alba imminente. Nel mentre arriva una fonna nella stanza.
"Cosa fai in piedi?" domanda preoccupata.
"Dove sono i guerrieri di questo Dun? Perché tutto è così tranquillo?"
"Calmati! Il Signore di questo Dun è partito con alcuni guerrieri e gli altri stanno riposando"
"Dove si trova Tanai?" chiede Mochta sempre più allarmato
"E' partito anche lui..."
"Ma stanno per arrivare i Pitti, non possiamo farci trovare impreparati!"
"Anche prima di svenire deliravi qualcosa riguardo ai Pitti, ora calmati e bevi, la febbre era alta"
"No!" risponde imperioso Mochta "Prima dobbiamo pensare ai Pitti!"
La donna, constata la cocciutaggine del ragazzo, esce rassegnata dalla stanza per cercare uno dei figli di Iboar perché parli con Mochta. Il giovane invece è inqieto e quando si volta verso il bosco, scrutando preoccupato l'orizzonte, vede qualcosa emergere dal folto della foresta.
Maleya medita un modo per avvicinare il Re dei Lupi e alla fine si risolve per sottrarre la pelle di lupo di suo padre: il mantello infatti permette a chi lo indossa di assumere le sembianze di un lupo. Di ritorno dalla sua visita al vecchio cieco dell'albero cava, la giovane si avvicina alla casa dell'olmo, la dimora del Cacciatore. Il padre manca: come fa spesso è fuori per una caccia; Maleya però è nervosa, mai prima d'ora si era avvicinata alla propria casa con fare furtivo e tenta in tutti i modi di dissimulare il proprio nervosismo. Gli occhi delle novantanove sentinelle (i gufi che abitano i rami più bassi della casa dell'olmo) la intimoriscono e il suo nervosismo è così evidente da non passare inosservato: Libo, il capo delle novantanove sentinelle, le atterra di fronte, forse per chiederle ragione di tanto timore, ma un nuovo soggetto interviene nella scena.
"Principessa!" la saluta mellifluo Lavahi; inaspettatamente il cortigiano si trova presso la dimora del cacciatore. Maleya rimane interdetta, specie quando l'uomo comincia a farle gli onori di casa.
"Grazie per ospitarmi così gentilmente in casa mia" sottolinea gelida Maleya, poi, resa coraggiosa dall'antipatia per Lavahi gli passa oltre e fa il suo ingresso nella sua dimora.
"Desiderate lasciare un messaggio per vostro padre, principessa?" insiste Lavahi
"Quando tornerà?"
"Ah! Siete venuta davvero per lui? E non per discutere della mia proposta?"
Lavahi si riferisce alla proposta di matrimonio che egli aveva sottoposto al Cacciatore e al corteggiamento che ne era seguito. Maleya, disgustata da quell'essere tanto viscido, l'aveva seccamente rifiutato; purtroppo però Lehin si era mostrato più possibilista al riguardo ed aveva tentato di farle vedere gli aspetti, a suo avviso positivi, della faccenda. Lavahi, dal canto suo, non pare per nulla turbato dal rifiuto ed ora torna spesso alla carica con la giovane. Anche ora il cortigiano continua con le sue insistenti cure, ma Maleya sta riflettendo se non riuscirà a far volgere la situazione a suo favore.
"E' molto che siete ospite di mio padre?"
"Lehin mi lunsigna con la sua fiducia nei miei confronti, sì. Ma voi, piuttosto, quali ragioni vi hanno spinta a fare visita al vecchio ceco dell'albero cavo?"
"Ogni tanto vado a trovarlo" risponde neutra Maleya.
"Non sta bene nella vostra posizione"
Maleya vorrebbe rispondere per le rime all'uomo ma ha in mente un'altro piano: conduce così la conversazione fancedo finta di essere interessata ai pareri ed alle parole di Lavahi. Il cortigiano, incoraggiato da quella prima apertura, si fa più sicuro e audace, ma al primo accenno di confidenza Maleya si mostra sdegnata e coglie l'occasione per congedarsi da lui con il pretesto di essere stata importunata eccessivamente. Lavahi la guarda esterefatto, ma non è uno stupido e capisce immediatamente che la sproporzione della reazione di Maleya era calcolata.
Maleya intanto si fionda negli alloggi del padre frugando per trovare la pelle del lupo.
Un messaggero su di un cavallo quasi morto di stanchezza si precipita al cospetto di Re Emeroth.
"All'alba, sono arrivati i Pitti a Dun Iboar; si tratta di un esercito spaventosamente numeroso e tra loro ci sono uomini dalle dimensioni di orsi!"
Re Emeroth sa bene che Dun Iboar si trova vicino al Dun di Olkan e che Tanai, ora, si trova in quella regione.
"Partiremo domattina per la guerra" risponde risoluto tra il brusio generale. Alcuni pensano che una partenza tanto repentina sia troppo avventata vista la composizione dell'esercito avversario, ma Emeroth non li ascolta e comincia a diramare ordini per poter muovere i suoi celti il prima possibile.
Dentro di sé però il Re teme il futuro e vorrebbe leggere nei presagi che cosa gli riserva il futuro. Non volendo rischiare però preferisce che la cosa non sia pubblica. Si reca quindi da Rhian per parlare con lei.
"Sorella, ho bisogno del tuo aiuto: leggimi cosa ci aspetta".
Rhian quindi lo conduce di fronte al paesaggio collinare di Erin. Per il Re quelle colline sono un libro chiuso.
"Temo che questa battaglia nasconda insidie inaspettate, fratello" dice infine Rhian dopo aver osservato a lungo la luce del tramonto "Una forza oscura e molto potente agisce contro i celti e rischia di sbaragliarci se non sarà smascherata". Il volto di Rhian si è fatto molto pallido.
"Fai attenzione fratello mio" dice abbracciandolo "il pericolo è grande".
Emeroth sposta subito l'argomento della conversazione.
"Sai che Cumain mi ha drogato durante il nostro scontro?"
"Sì, già me l'hai detto?"
"E potrei essere ancora sotto l'influsso del suo veleno?"
"No, certo che no!" risponde Rhian osservandolo attentamente negli occhi "Ma se temi ancora per te prendi queste" e gli dona alcune erbe, capaci di guarire un uomo anche se in condizioni disperate, ed un piccolo otre "Contiene un liquore miracoloso: se credi di essere avvelenato bevilo ma non ingoiarlo, tienilo in bocca per qualche istante e poi risputalo".
Emeroth affida alla sorella la perla di Lugh, quella che il servitore coniglio gli aveva donato poi torna alle sue occupazioni.
Il Re deve guidare il Ramo Rosso alla volta del Dun Iboar verso una battaglia che si preannuncia molto dura. Gli anni passati hanno insegnato ad Emeroth a guidare velocemente il suo esercito, tanto velocemente da potersi ora permettere la speranza di giungere in tempo.
Moctha torna confusamente ai ricordi del giorno prima, all'apparizione che l'ha salvato quando i Pitti ormai l'avevano in pugno.
"Un uomo con una cicatrice simile a quella di cui parli era Re Connor" gli rivela infine Aibne, il minore dei figli di Iboar.
"Ma ora non parliamo di spettri, quanti sono i Pitti che hai visto?"
"Saranno stati una trentina, ma erano solo la coda, non ho idea di quanto grande sia l'esercito... i miei compagni? sono arrivati?"
"No, mi spiace" risponde Aibne.
Arriva quindi un servitore ed avvisa Aibne che i Pitti sono usciti dal folto della forestra. Il dispiegamento è impressionante, saranno almeno un migliaio di combattenti e si muovono per accerchiare il Dun. Aibne decide quindi di mandare tre messaggeri: uno a Re Emeroth, uno a suo padre, ospite del Dun vicino ed uno ad Olkan.
"Andrò io dal mio padre adottivo" si offre Mochta "vi aiuterà di certo, specie se a chiederglielo sarò io. E ricordatevi che è grazie a noi ed alla nostra amicizia se non siete stati già colti impreparati".
Il giovane monta quindi su un cavallo ma prima di partire si volta per spronare gli uoini che sta lasciando.
"Torneremo in forze, non perdete la speranza".
Al galoppo, mentre tenta di fare più in fretta che può, Mochta non può fare a meno di voltarsi all'improvviso boato che esplode dietro di lui: l'attacco dei Pitti è cominciato ed inonda le colline come un fiume nero.
Il giovane si risveglia a notte avanzata, si trova in una qualche costruzione del Dun; il cielo stellato si vede chiaramente dalla finestra aperta. Mochta vorrebbe alzarsi ma gli gira ancora la testa, arriva poi con difficoltà ad affacciarsi ma dalla sua posizione non riesce a vedere niente di più che il fitto bosco che avvolge Dun Iboar. Un lieve chiarore all'orizzonte preannuncia l'alba imminente. Nel mentre arriva una fonna nella stanza.
"Cosa fai in piedi?" domanda preoccupata.
"Dove sono i guerrieri di questo Dun? Perché tutto è così tranquillo?"
"Calmati! Il Signore di questo Dun è partito con alcuni guerrieri e gli altri stanno riposando"
"Dove si trova Tanai?" chiede Mochta sempre più allarmato
"E' partito anche lui..."
"Ma stanno per arrivare i Pitti, non possiamo farci trovare impreparati!"
"Anche prima di svenire deliravi qualcosa riguardo ai Pitti, ora calmati e bevi, la febbre era alta"
"No!" risponde imperioso Mochta "Prima dobbiamo pensare ai Pitti!"
La donna, constata la cocciutaggine del ragazzo, esce rassegnata dalla stanza per cercare uno dei figli di Iboar perché parli con Mochta. Il giovane invece è inqieto e quando si volta verso il bosco, scrutando preoccupato l'orizzonte, vede qualcosa emergere dal folto della foresta.
Maleya medita un modo per avvicinare il Re dei Lupi e alla fine si risolve per sottrarre la pelle di lupo di suo padre: il mantello infatti permette a chi lo indossa di assumere le sembianze di un lupo. Di ritorno dalla sua visita al vecchio cieco dell'albero cava, la giovane si avvicina alla casa dell'olmo, la dimora del Cacciatore. Il padre manca: come fa spesso è fuori per una caccia; Maleya però è nervosa, mai prima d'ora si era avvicinata alla propria casa con fare furtivo e tenta in tutti i modi di dissimulare il proprio nervosismo. Gli occhi delle novantanove sentinelle (i gufi che abitano i rami più bassi della casa dell'olmo) la intimoriscono e il suo nervosismo è così evidente da non passare inosservato: Libo, il capo delle novantanove sentinelle, le atterra di fronte, forse per chiederle ragione di tanto timore, ma un nuovo soggetto interviene nella scena.
"Principessa!" la saluta mellifluo Lavahi; inaspettatamente il cortigiano si trova presso la dimora del cacciatore. Maleya rimane interdetta, specie quando l'uomo comincia a farle gli onori di casa.
"Grazie per ospitarmi così gentilmente in casa mia" sottolinea gelida Maleya, poi, resa coraggiosa dall'antipatia per Lavahi gli passa oltre e fa il suo ingresso nella sua dimora.
"Desiderate lasciare un messaggio per vostro padre, principessa?" insiste Lavahi
"Quando tornerà?"
"Ah! Siete venuta davvero per lui? E non per discutere della mia proposta?"
Lavahi si riferisce alla proposta di matrimonio che egli aveva sottoposto al Cacciatore e al corteggiamento che ne era seguito. Maleya, disgustata da quell'essere tanto viscido, l'aveva seccamente rifiutato; purtroppo però Lehin si era mostrato più possibilista al riguardo ed aveva tentato di farle vedere gli aspetti, a suo avviso positivi, della faccenda. Lavahi, dal canto suo, non pare per nulla turbato dal rifiuto ed ora torna spesso alla carica con la giovane. Anche ora il cortigiano continua con le sue insistenti cure, ma Maleya sta riflettendo se non riuscirà a far volgere la situazione a suo favore.
"E' molto che siete ospite di mio padre?"
"Lehin mi lunsigna con la sua fiducia nei miei confronti, sì. Ma voi, piuttosto, quali ragioni vi hanno spinta a fare visita al vecchio ceco dell'albero cavo?"
"Ogni tanto vado a trovarlo" risponde neutra Maleya.
"Non sta bene nella vostra posizione"
Maleya vorrebbe rispondere per le rime all'uomo ma ha in mente un'altro piano: conduce così la conversazione fancedo finta di essere interessata ai pareri ed alle parole di Lavahi. Il cortigiano, incoraggiato da quella prima apertura, si fa più sicuro e audace, ma al primo accenno di confidenza Maleya si mostra sdegnata e coglie l'occasione per congedarsi da lui con il pretesto di essere stata importunata eccessivamente. Lavahi la guarda esterefatto, ma non è uno stupido e capisce immediatamente che la sproporzione della reazione di Maleya era calcolata.
Maleya intanto si fionda negli alloggi del padre frugando per trovare la pelle del lupo.
Un messaggero su di un cavallo quasi morto di stanchezza si precipita al cospetto di Re Emeroth.
"All'alba, sono arrivati i Pitti a Dun Iboar; si tratta di un esercito spaventosamente numeroso e tra loro ci sono uomini dalle dimensioni di orsi!"
Re Emeroth sa bene che Dun Iboar si trova vicino al Dun di Olkan e che Tanai, ora, si trova in quella regione.
"Partiremo domattina per la guerra" risponde risoluto tra il brusio generale. Alcuni pensano che una partenza tanto repentina sia troppo avventata vista la composizione dell'esercito avversario, ma Emeroth non li ascolta e comincia a diramare ordini per poter muovere i suoi celti il prima possibile.
Dentro di sé però il Re teme il futuro e vorrebbe leggere nei presagi che cosa gli riserva il futuro. Non volendo rischiare però preferisce che la cosa non sia pubblica. Si reca quindi da Rhian per parlare con lei.
"Sorella, ho bisogno del tuo aiuto: leggimi cosa ci aspetta".
Rhian quindi lo conduce di fronte al paesaggio collinare di Erin. Per il Re quelle colline sono un libro chiuso.
"Temo che questa battaglia nasconda insidie inaspettate, fratello" dice infine Rhian dopo aver osservato a lungo la luce del tramonto "Una forza oscura e molto potente agisce contro i celti e rischia di sbaragliarci se non sarà smascherata". Il volto di Rhian si è fatto molto pallido.
"Fai attenzione fratello mio" dice abbracciandolo "il pericolo è grande".
Emeroth sposta subito l'argomento della conversazione.
"Sai che Cumain mi ha drogato durante il nostro scontro?"
"Sì, già me l'hai detto?"
"E potrei essere ancora sotto l'influsso del suo veleno?"
"No, certo che no!" risponde Rhian osservandolo attentamente negli occhi "Ma se temi ancora per te prendi queste" e gli dona alcune erbe, capaci di guarire un uomo anche se in condizioni disperate, ed un piccolo otre "Contiene un liquore miracoloso: se credi di essere avvelenato bevilo ma non ingoiarlo, tienilo in bocca per qualche istante e poi risputalo".
Emeroth affida alla sorella la perla di Lugh, quella che il servitore coniglio gli aveva donato poi torna alle sue occupazioni.
Il Re deve guidare il Ramo Rosso alla volta del Dun Iboar verso una battaglia che si preannuncia molto dura. Gli anni passati hanno insegnato ad Emeroth a guidare velocemente il suo esercito, tanto velocemente da potersi ora permettere la speranza di giungere in tempo.
Moctha torna confusamente ai ricordi del giorno prima, all'apparizione che l'ha salvato quando i Pitti ormai l'avevano in pugno.
"Un uomo con una cicatrice simile a quella di cui parli era Re Connor" gli rivela infine Aibne, il minore dei figli di Iboar.
"Ma ora non parliamo di spettri, quanti sono i Pitti che hai visto?"
"Saranno stati una trentina, ma erano solo la coda, non ho idea di quanto grande sia l'esercito... i miei compagni? sono arrivati?"
"No, mi spiace" risponde Aibne.
Arriva quindi un servitore ed avvisa Aibne che i Pitti sono usciti dal folto della forestra. Il dispiegamento è impressionante, saranno almeno un migliaio di combattenti e si muovono per accerchiare il Dun. Aibne decide quindi di mandare tre messaggeri: uno a Re Emeroth, uno a suo padre, ospite del Dun vicino ed uno ad Olkan.
"Andrò io dal mio padre adottivo" si offre Mochta "vi aiuterà di certo, specie se a chiederglielo sarò io. E ricordatevi che è grazie a noi ed alla nostra amicizia se non siete stati già colti impreparati".
Il giovane monta quindi su un cavallo ma prima di partire si volta per spronare gli uoini che sta lasciando.
"Torneremo in forze, non perdete la speranza".
Al galoppo, mentre tenta di fare più in fretta che può, Mochta non può fare a meno di voltarsi all'improvviso boato che esplode dietro di lui: l'attacco dei Pitti è cominciato ed inonda le colline come un fiume nero.
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